Sport e cultura non sono lusso per pochi. Un impegno complessivo di 2 milioni per rendere più vivi i luoghi di relazione

In Italia la fascia giovanile è quella che più sta pagando il prezzo delle nuove fragilità sociali: famiglie schiacciate dal costo della vita, periferie dove mancano luoghi sicuri in cui incontrarsi, solitudini adolescenziali che sfociano in ansia, ritiro sociale, violenza. In questa situazione praticare uno sport, frequentare un laboratorio teatrale o musicale, potendo contare su punti di riferimento adulti, non è «tempo libero»: è prevenzione. È salute pubblica. È educazione civica. Ed è esattamente su questo confine tra benessere individuale e responsabilità collettiva che si muove il bando Sport e cultura per includere di Fondazione Cariverona. Al termine della selezione sono stati individuati 42 progetti, sostenuti con un investimento complessivo di 2 milioni di euro nelle province di Verona, Vicenza, Belluno, Mantova e Ancona. «Se lo sport diventa un bene di lusso e il teatro un ambiente esclusivo alimentiamo disuguaglianze che minano le basi della nostra società. Quando invece si apre uno spazio sportivo o culturale, si crea una nuova possibilità di futuro», sottolinea Bruno Giordano, presidente di Fondazione Cariverona. «Con questo bando vogliamo rendere questi luoghi davvero accessibili, superando barriere economiche, sociali e culturali che oggi escludono troppi giovani. Qui ragazze e ragazzi sperimentano, trovano voce e costruiscono percorsi di crescita: così l’inclusione diventa sviluppo per tutta la comunità». I progetti sostenuti lavorano contro la povertà educativa e l’isolamento relazionale di bambini e adolescenti tra i 6 e i 18 anni, con particolare attenzione a chi vive situazioni di vulnerabilità economica, sociale o culturale. A portarli avanti sono enti locali, cooperative sociali, associazioni sportive dilettantistiche, teatri pubblici, scuole, reti educative e realtà del terzo settore. Il quadro degli interventi può essere letto lungo quattro grandi direttrici. La prima è lo sport come strumento educativo e inclusivo, non solo agonistico. Il secondo asse è la cultura come benessere e cittadinanza attiva. Teatri che aprono le porte agli adolescenti e diventano luoghi vissuti quotidianamente. Terza direttrice: i nuovi doposcuola come presidio quotidiano. Non più soltanto «aiuto compiti», ma luoghi pomeridiani che tengono insieme studio assistito, attività motorie, laboratori pratici e creativi, educazione alla salute, alimentazione corretta, ascolto emotivo e socialità protetta. Ad accomunare i progetti è, infine, la costruzione di alleanze territoriali stabili. Molte delle iniziative sostenute formalizzano tavoli tra amministrazioni comunali, scuole, servizi sociali e sanitari, associazioni sportive, realtà culturali, volontariato locale e famiglie. «Siamo convinti che il cambiamento passi dalle persone che ogni giorno accompagnano i giovani: educatori, tutor, allenatori. Sono loro a trasformare un’attività in un’esperienza di futuro, relazione, autonomia. Per questo sosteniamo progetti che vanno oltre l’ordinario, attivano energie nei territori e costruiscono alleanze durature: è questa la forza di una vera comunità educante, in cui ciascuno è pronto a fare la propria parte», conclude Giordano. La scelta di sostenere 42 progetti, e non solo poche grandi operazioni centralizzate, è deliberata: significa costruire impatto vicino alle persone, nei territori in cui si vive davvero, dove la differenza tra «ti aspettiamo domani in palestra» e «non so come aiutarti» può cambiare la traiettoria di un adolescente.