Manca poco più di un mese al voto per la Regione Veneto e ancora non c’è il candidato presidente. Prima si aspettava il voto delle Marche, poi quello della Calabria per capire i rapporti di forza nel centrodestra (che ha vinto tutte e due le Regioni) ora si attende la Toscana. Nel frattempo la macchina elettorale dei candidati e dei partiti non si può mettere in movimento. e tra dieci giorni si devono presentare nomi, firme e liste. Questa mancanza di tempo porta a sacrificare il confronto e il dibattito che ormai non interessa più a nessuno.
Se nelle Marche l’affluenza è calata del 10% e in Calabria è stata poco sopra il 40% un motivo deve pur esserci. E il rischio che corre il Veneto dove l’ultima volta alle regionali ha votato il 61% degli elettori è molto serio: anche qui potrebbe verificarsi un crollo della partecipazione alle urne. L’assenteismo al voto, come diceva nei giorni scorsi un attento imprenditore veneto, dovrebbe imbarazzare e preoccupare la classe politica, che però prepara apposta campagne elettorali corte e compresse per garantirsi il successo. In questo modo andare al voto è una questione per professionisti della politica. Gli unici interessati ad andare alle urne saranno coloro che fanno parte dell’entourage dei candidati, gli amici degli amici, i gruppi ristretti. Altra cosa è la capacità di coinvolgere l’elettorato di opinione che non si mobilita più e anzi ormai si allontana sempre di più da questo mondo di professionisti della politica e va avanti per la propria strada con crescente disaffezione. Una campagna elettorale compressa e terreno di conquista solo dei vari entourage impedisce di affrontare i temi cruciali sui quali i cittadini veneti vorrebbero risposte e progetti, dalle infrastrutture alla sanità, dall’autonomia alla produttività delle imprese e alla crescita economica, della ricerca, dell’innovazione, con la conseguente capacità di attirare giovani al lavoro. Tutti temi che rischiano di restare fuori da una campagna elettorale breve e chiusa in un orticello dove zappano e vangano sempre gli stessi. Per questo è lecito chiedersi: che Veneto ci aspetta dopo il governo Zaia? Deciderà Roma con il suo potere centrale o la Regione avrà spazio per politiche proprie? E quali saranno? Esisteranno o saranno solo il riflesso degli ordini del potere centrale? Avremo un Veneto protagonista e forte a livello nazionale o a rimorchio dei leader del momento? Ecco, non c’è solo la ricerca del candidato presidente in questo momento: c’è anche la ricerca di un elettorato che potrebbe non presentarsi alle urne il 23 e 24 novembre.
MB



