Nonostante il caldo, cresce nell’ombra il mercato parallelo dell’abusivismo nei settori dell’estetica e dell’acconciatura. Un fenomeno che, soprattutto nelle località turistiche, si gonfia come una bolla illegale fatta di prestazioni a domicilio, passaparola e piattaforme online fuori controllo. Non si tratta solo concorrenza sleale: è un attacco alla salute dei cittadini, all’economia legale e alla dignità del lavoro artigiano. Ma c’è di più: dal 1° settembre il Regolamento (UE), ha introdotto il divieto di utilizzo di due sostanze presenti in prodotti utilizzati nei trattamenti per le unghie. Si tratta del Trimethylbenzoyl Diphenylphosphine Oxide, un fotoiniziatore usato negli smalti per unghie in gel per aiutare la polimerizzazione sotto la luce UV, e della Dimethyltolylamine, condizionante per unghie utilizzato per facilitare l’adesione di altri prodotti come primer, smalti e gel. Per effetto del Regolamento, i prodotti contenenti queste sostanze saranno vietati a decorrere dal 1° settembre 2025 e pertanto saranno vietate sia l’immissione sul mercato sia la messa a disposizione dei prodotti cosmetici non conformi. I prodotti già presenti nei saloni dovranno essere smaltiti o ritirati in accordo con i fornitori. Una concorrenza ancor più sleale se si pensa che i saloni di bellezza, in Veneto e nel resto d’Italia, stanno affrontando un’escalation dei costi energetici, con aumenti tra il 20 e il 27%: un salone medio, con consumi stimati su decine di MWh/anno, potrebbe subire un aumento tra i 2.000 e i 5.000 euro all’anno, variabile in base all’energia consumata. “L’abusivismo nella nostra categoria raggiunge tassi nazionali del 27,6%, quasi il doppio della media complessiva che si attesta al 14,4% – denuncia Beatrice Daniele, Presidente della categoria Benessere e del Gruppo Acconciatura di Confartigianato Imprese Veneto –. Gestire un salone oggi significa investire costantemente in formazione, sicurezza, prodotti certificati, igiene e innovazione. Non si tratta solo di tagliare capelli o applicare un trattamento: è un lavoro di responsabilità che richiede competenze aggiornate, attrezzature professionali e rispetto rigoroso delle normative”. “Le nostre imprese – aggiunge la veronese Cristina Scurtu, presidente di Confartigianato Benessere Verona e del mestiere Estetica a livello regionale – sostengono costi significativi, dalle bollette energetiche sempre più care, agli affitti, fino agli obblighi di legge, per garantire un servizio sicuro e di qualità. Chi opera nell’illegalità non ha questi vincoli, ma soprattutto non offre alcuna garanzia. È ingiusto e pericoloso che chi rispetta le regole venga penalizzato, mentre chi lavora in nero prosperi indisturbato. Per questo chiediamo con forza più controlli da parte delle autorità competenti, ma anche più consapevolezza da parte dei cittadini: scegliere un’impresa regolare significa tutelare la propria salute e sostenere il lavoro onesto”. In provincia di Verona si contano circa 1.700 acconciatori artigiani e quasi 1 migliaio di imprese dell’estetica, per un totale di categoria che supera le 2.700 attività, le quali danno lavoro ad oltre 4.900 addetti. Numeri che parlano di un settore importante, trainato da micro e piccole imprese, spesso a conduzione artigiana, che ogni giorno investono in formazione, tecnologie e qualità.