Tre destini intrecciati tra sogno e realtà “Un cuore di smeraldo in eredità’’ è il primo romanzo della scrittrice Melissa Bentivegna

Melissa Bentivegna è una scrittrice nativa di Palermo, vissuta nella suggestiva Sciacca fino all’età di 25 anni per poi trasferirsi a Verona, dove attualmente vive con la propria famiglia. UN CUORE DI SMERALDO IN EREDITA’ (Historica) è il suo primo romanzo, sviluppato nel romantico scenario di una Verona autunnale, tra un continuo susseguirsi di avvenimenti e misteriosi indizi. «La storia è un vero e proprio intreccio esistenziale che si snoda tra realtà e sogno. Le tre protagoniste si ritrovano immerse in un amalgama di convergenze anche di carattere sovrannaturale. In questo reticolo di luci e ombre avranno la possibilità di far confluire il loro cammino verso una stessa direzione. Nella trama ogni cosa accadrà perché, in un enigmatico gioco di incontri, sensazioni e coincidenze, le tre donne possano sentirsi interconnesse, pur essendo estranee. L’avere persino un nome che cominci con la stessa iniziale giocherà la sua parte in un’intesa amorevole governata dalla sorte. La “E” del loro nome assomiglia al “3” che è un numero perfetto, ed è anche una congiunzione, quella che unisce per antonomasia. Tale unione si concretizzerà nel passaggio, dall’una all’altra, di un’eredità speciale, un lascito dall’incomparabile valore che le porterà a donarsi reciprocamente.» Un romanzo con note autobiografiche, giusto? «Ci sono alcune note autobiografiche delle quali mi sono accorta nella fase di rilettura. Delle tre protagoniste, però, preferisco rispecchiarmi di più in Ester per il suo rigore e la sua severità verso sé stessa e poi, proprio come me, ha lasciato la sua isola e ha dovuto rimodularsi in un nuovo contesto.» Qual è il tema dominante del suo romanzo? «La donazione degli organi; inteso come dono consegnato al tempo. La vita scorre e quel gesto compie traiettorie invisibili che definiscono un legame con chi lo accoglierà. È la musica della vita che si impone sul silenzio assordante della morte. Nel romanzo è trattato anche il tema della malattia quando può mutare la visione che la persona ha di sé stessa e del mondo. Ci vuole coraggio ad affrontare ciò che non abbiamo scelto. Le protagoniste hanno riconosciuto il valore della loro fragilità e questo le ha portate a elaborare la paura e coltivare la speranza.» Verona, città in cui vive da anni, diventa lo scenario di sottofondo del suo romanzo. «All’inizio della stesura avevo in mente altra ambientazione. Poi, nella fase di stesura, ho continuato a visualizzarne le scene come se si delineassero tra le vie di Verona. Nel mio immaginario, le tre protagoniste si muovevano dentro il contesto del centro storico veronese che è di un fascino singolare, soprattutto, in autunno, stagione in cui si sviluppa l’intera trama. In alcuni passaggi della narrazione ho cercato di trasportare il lettore nei luoghi di questa città, dagli ombrosi vicoletti alle strade più movimentate, posti che io stessa frequento da 22 anni. Qui ho iniziato il mio lavoro da insegnante, ho conosciuto mio marito ed è qui che ho costruito una strepitosa rete di amicizie. Sono felice che Verona abbia fatto da sfondo al mio romanzo e le sono grata per essere divenuta fonte di ispirazione per la scrittura.» Legge di giorno e scrive di notte. «Esattamente! Sono una lettrice onnivora. Mi piacciono i classici come i moderni e non perdo l’occasione per ritagliarmi degli spazi destinati alla lettura. Per poter leggere, penalizzo le altre attività ma è più forte di me e non posso farne a meno. Quando leggo mi viene voglia di scrivere e, per farlo, finisco per rimanere sveglia fino a tardi.» Perché dovremmo leggere il suo romanzo? «Essendo incentrata sul valore del dono e del donarsi, auspico che questa storia possa valere come piccolo, ma luminoso smeraldo. Io spero che lasciandosi trasportare nell’intricata vita delle tre protagoniste, il lettore tenterà di sciogliere un misterioso dubbio: la vita è un sogno o nel sogno c’è una parte della nostra vita?»

Gianfranco Iovino