Un Decreto sostegni senza…sostegni L’ultimo intervento del Governo non favorisce certo la ripresa per artigiani e imprese

Non c’è pace per proprietari di immobili, professionisti, artigiani ed imprese edili alle prese con i cantieri ed i vari bonus edili. Dopo lo stop causato dal decreto anti frode del novembre scorso, arriva ora, come un fulmine a ciel sereno, il decreto Sostegni ter con cui il Governo introduce il divieto di cessione multipla dei crediti fiscali legati ai bonus edili, lasciando disorientate imprese, banche e grandi aziende pubbliche e private attive nel settore.
Il paradosso tragicomico è che il citato decreto ha pure la finalità di introdurre “misure urgenti in materia di sostegno alle imprese e agli operatori economici”.
Ma di fatto, di sostegni ce ne sono gran pochi ed, anzi, con la scusa di contrastare le frodi perpetrate da una assoluta minoranza di imprese e contribuenti, rischia di mettere in seria difficoltà le imprese serie ed oneste: la nuova norma arriva per lo più proprio quando è entrata a pieno regime la macchina dei lavori e le imprese si sono riempite la pancia di quei “crediti fiscali” allo scopo di rivenderli. Un mercato da 15 miliardi di valore, con relative cartolarizzazioni, sul quale ora si vuole tirare il freno a mano.
Il default di migliaia di imprese edili è dietro l’angolo: i pagamenti dei fornitori rischiano di fermarsi ed i cantieri di bloccarsi. Entro breve si smetterà di pagare gli stipendi e le imprese più fragili cominceranno a saltare.
E tutto ciò accadrà proprio mentre cominceranno a scadere le prime rate dei prestiti appena uscite dalla moratoria scaduta lo scorso 31 dicembre e non rinnovata dal Governo, ma per le quali le aziende non sono in grado di pagare. Nelle scorse settimane Banca d’Italia li ha quantificati in circa 36 miliardi in tutto, di cui almeno un buon 10% si trasformerà in insolvenze. Uno tsunami da 4 miliardi che si trasformerà prima in Npl e poi garanzie da escutere per lo Stato, garante in media del 50% di tali prestiti, ovvero in 2 miliardi di nuovo debito pubblico.
Ciò che rende ancora più preoccupante e sorprendente questo nuovo stop, è la concessione di un periodo transitorio di poco più di 10 giorni (sono fatte salve tutte le cessioni multiple fatte fino al 7 febbraio prossimo) per portare a termine le cessioni multiple già “in pancia”: un periodo di tempo considerato “ridicolo” e che suona quasi come una presa in giro per i rappresentanti di Abi e Ance: i forti vincoli introdotti con effetti sostanzialmente retroattivi creano infatti incertezza anche sui contratti già stipulati, rischiano di aprire contenziosi ed evidenziano grossi dubbi sulla legittimità costituzionale di una legge che va a modificare rapporti e impegni contrattuali già assunti.
Per non parlare poi del fatto che, ad oggi, la piattaforma dell’agenzia delle Entrate per la comunicazione delle opzioni di cessione e sconto in fattura non consente ancora di attivare procedure per le spese relative al 2022. In sostanza, i crediti legati a operazioni maturate quest’anno sono in una sorta di limbo, perché al momento non possono essere trasferiti.
Finita finalmente la lunga settimana che ha portato all’elezione del nuovo (anzi no, sempre quello) Presidente della Repubblica, Governo e Parlamento sono invitati a porre rimedio in fretta ad una situazione che rischia di minare quella ripresa dell’economia mostrata in questi ultimi mesi, nonostante non si sia ancora usciti dalle sabbie mobili della pandemia.

Marco Vantini, presidente Solori