Un documentario vince il Leone d’Oro “All the Beauty and the Bloodshed’’, dedicato alla fotografa e attivista Nan Goldin

Si sono spente le luci anche sulla 79ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia, un’annata ricca e che aveva scommesso su alcuni dei titoli più chiacchierati della laguna – da Bones and all a Blonde, passando per Tár e White Noise -, per poi terminare con un colpo di scena degno dei migliori film thriller. Contro ogni pronostico il Leone d’Oro è stato infatti assegnato al documentario All the beauty and the bloodshed, evento che aveva visto un unico precedente nel 2013, anno nel quale per la prima volta un documentario si era aggiudicato la vittoria. All’epoca era toccato a Sacro GRA di Francesco Rosi, un racconto corale della varia umanità che si raccoglie sotto i ponti romani del gran raccordo anulare, oggi è la regista americana Laura Poitras a stringere tra le mani il premio, decisa a trasportarlo oltre oceano per consegnarlo a Nan Goldin, la fotografa e attivista cui è dedicata l’opera.
All the Beauty and the Bloodshed racconta infatti la lotta intrapresa dall’artista per ottenere il riconoscimento della responsabilità della famiglia Sackler e della sua casa farmaceutica per le morti di overdose da ossicodone, sostanza comunemente smerciata attraverso farmaci da banco e causa di una vera epidemia da tossicodipendenza che continua ancora oggi. Attraverso diapositive, dialoghi intimi, fotografie rivoluzionarie e rari filmati, Il film intreccia il passato e il presente di Goldin, l’aspetto profondamente personale e quello politico, facendosi portavoce di un popolo americano devastato e in continua fuga.
Altro premio del tutto inatteso è quello attribuito alla regista senegalese Alice Diop per il film Saint-Omer, vincitore del Leone d’Argento – Gran premio della giuria e del Leone del futuro, dedicato agli esordienti e decisamente più adeguato al suo film in concorso. Più meritato il Premio della giuria, assegnato al regista e attivista politico iraniano Jafar Panahi, autore del docu-film autobiografico Gli orsi non esistono che racconta la perenne condizione di rifugiato del regista stesso, al momento della premiazione già incarcerato per propaganda contro il regime. Il discutibile premio per la Miglior Regia lo porta a casa un commosso Luca Guadagnino, che con Bones and all fa entrare nel panorama delle grandi stelle del cinema anche l’attrice protagonista Taylor Russell, vincitrice del Premio Marcello Mastroianni per la miglior interpretazione emergente.
Se indubbia era poi la Coppa Volpi per la performance della magica Cate Blanchett in Tár, meno scontato è stato l’omonimo premio dedicato all’interpretazione maschile, vinto da Colin Farrell per la sua prova in Gli spiriti dell’isola, opera vincitrice anche del premio alla miglior sceneggiatura. Un plauso alla sconvolgente interpretazione di Brendan Fraser sarebbe stato forse opportuno, così come di maggior considerazione avrebbe dovuto godere il bellissimo Argentina, 1985, vincitore solo del premio collaterale FIPRESCI, annualmente attribuito al film ritenuto più «rischioso, originale e personale» dalla stampa cinematografica internazionale.

Martina Bazzanella
Maria Letizia Cilea