Allo Showtime Arena di Taste of Earth di Isola della Scala, Gino Cecchettin ha incontrato più di 600 studenti degli istituti IISS Ettore Bolisani, Enaip Veneto SFP di Isola della Scala, Istituto Comprensivo Statale F.lli Corrà e ISS Stefano Bentegodi. L’iniziativa, promossa dal Comune di Isola della Scala e dalla Commissione Pari Opportunità, in collaborazione con Ente Fiera di Isola della Scala e con il patrocinio della Provincia di Verona, ha ospitato la testimonianza di Gino Cecchettin, padre di Giulia, che ha saputo trasformare il dolore in impegno, portando avanti un percorso di sensibilizzazione che lo vede coinvolto in prima persona attraverso incontri pubblici e la costituzione della Fondazione Giulia Cecchettin. «La perdita di Giulia ha scosso le fondamenta della mia esistenza e mi ha spinto a un impegno incrollabile contro la violenza di genere» ha dichiarato Cecchettin. Durante l’incontro sono stati gli stessi ragazzi a porre domande e riflessioni al padre di Giulia. A ciascun intervento è stato chiesto di condividere il momento più emozionante e felice vissuto fino ad oggi. Cecchettin ha poi spiegato il motivo di questa richiesta, ricordando loro che costruire la propria vita collezionando momenti memorabili significa vivere pienamente. Cecchettin racconta che «Sono stati due anni intensi, segnati innanzitutto dal dolore. Ogni giorno portava con sé le proprie difficoltà. Poi è nata la Fondazione: dal pensiero che nessun altro genitore dovesse vivere ciò che ho vissuto io. Da lì è nato l’impegno a fare qualcosa di concreto per la nostra società, e in particolare per il futuro della società stessa-i giovani. Cerchiamo di portare loro un messaggio di speranza, di incoraggiarli a investire le proprie energie in comportamenti positivi, di rispetto e di valore. Dopo quello che è successo a noi, abbiamo sentito forte l’esigenza di fare questo». Ma come rispondono i ragazzi, i giovani, ai suoi racconti e alle sue sollecitazioni? «lo porto il mio vissuto, e loro sono molto attenti, perché vedono in Giulia una ragazza come loro. Lo abbiamo sentito anche dalle loro parole poco fa: empatizzano molto con la nostra storia. Si rivedono in parte e sono anche preoccupati per il loro futuro, come adulti e come futuri genitori. La violenza spaventa, e credo che proprio per questo stiano facendo un percorso giusto, di consapevolezza». Se qualcosa sta cambiando nei ragazzi, sembra invece che nella società non stia cambiando nulla. «È un percorso lungo. Non si tratta di episodi isolati: ce ne sono tanti proprio perché la radice è profonda, affonda negli stereotipi, nei modi di fare, di dire, nell’atteggiamento che l’uomo ha sempre avuto verso la donna. Quindi non si tratta di combattere i maschi, ma di contrastare un maschilismo tossico che è radicato nella nostra cultura. Ed è per questo che è così difficile . Adesso si sta pensando di modificare alcune regole sul braccialetto elettronico, sulle misure di protezione per tenere a distanza persone già segnalate. Per lei sono segnali positivi? «Penso che qualsiasi iniziativa che possa aumentare la sicurezza di chi ha già vissuto violenza e si trova in una situazione di ”codice rosso” sia necessaria. In quei casi non dobbiamo scoprire la violenza: sappiamo già che si è manifestata, e quindi bisogna proteggere. Il punto di partenza è imparare a capire cosa sono le emozioni e come gestirle. Trovare il modo di riconoscerle e di dare spazio soprattutto a quelle positive, piuttosto che a quelle negative. Da li nasce la forza per fare tantissime cose, per crescere, per costruire relazioni sane. E credo sia importante anche imparare a guardare la donna e il mondo femminile con occhi diversi rispetto al passato: non più con atteggiamenti di prevaricazione o possesso, ma come un vero compagno di vita».


