Uno “spopolamento” di lavoratori Dalla crisi demografica meno Pil dal mercato immobiliare. Vantaggi per le banche

Le previsioni ci evidenziano che entro i prossimi 10 anni la platea delle persone in età lavorativa (15-64 anni) presente in Veneto è destinata a diminuire di 219mila unità (-7,1 per cento). Se all’inizio del 2024 questa coorte demografica includeva poco più di 3 milioni di unità, nel 2034 la stessa è destinata a scendere, arrestandosi a 2 milioni e 850mila persone. Le ragioni di questa diminuzione vanno ricercate nel progressivo invecchiamento della popolazione: con sempre meno giovani e con tanti baby boomer destinati a uscire dal mercato del lavoro per raggiunti limiti di età, nei prossimi anni molti territori subiranno un autentico “spopolamento”, anche di potenziali lavoratori. Tra le 107 province d’Italia monitorate, sottolinea l’Ufficio studi della CGIA che ha elaborato le previsioni demografiche dell’Istat, solo quella di Prato registrerà in questi 10 anni una variazione assoluta positiva (+ 1.269 unità pari al +). Tutte le altre 106, invece, avranno il saldo anticipato dal segno meno.
Le contrazioni della popolazione in età lavorativa più importanti riguarderanno, in particolare, il Sud. A livello veneto, la provincia più interessata dalla contrazione demografica della fascia lavorativa tra i 15 e 64 anni sarà Rovigo. Nel Polesine entro il 2034 avremo una riduzione del 12 per cento (-16.738 unità), seguono Belluno con il -9,6 per cento (-11.557) e Venezia con il -8,6 per cento (-45.128). Insomma, lo spopolamento interesserà soprattutto i territori già oggi economicamente più in difficoltà rispetto alle altre province venete.
Già oggi molte imprese venete denunciano la difficoltà di trovare personale preparato da inserire nel proprio organico. Figuriamoci fra qualche anno, quando il numero dei giovani che si affaccerà sul mercato del lavoro sarà sempre più esiguo e insufficiente a rimpiazzare i tanti che, invece, andranno in pensione. Nonostante ciò, il Mezzogiorno potrebbe comunque avere meno problemi del Centronord. A differenza di quest’ultimo, infatti, il primo, avendo un tasso di disoccupazione e di inattività molto elevato, potrebbe avere meno problemi degli altri a colmare, almeno in buona parte, i vuoti occupazionali che si andranno a creare, soprattutto nel settore agroalimentare e in quello ricettivo (hotel, ristoranti e caffetteria).
Tuttavia, è innegabile che tante imprese venete, soprattutto di piccola dimensione, dovranno ridimensionare gli organici perché impossibilitati ad assumere. Per le medie e grandi imprese, invece, il problema dovrebbe essere più contenuto. Con la possibilità di offrire stipendi più elevati della media, orari ridotti, benefit e importanti pacchetti di welfare aziendale, i pochi giovani presenti nel mercato del lavoro non avranno esitazioni nel scegliere le grandi anziché le piccole e micro imprese che, questi benefici, non possono erogarli. Un Paese che registra una popolazione sempre più anziana potrebbe avere nei prossimi decenni seri problemi a far quadrare i conti pubblici; in particolar modo a causa dell’aumento della spesa sanitaria, pensionistica, farmaceutica e assistenziale. Va altresì segnalato che con pochi under 30 e una presenza di over 65 molto diffusa, alcuni importanti settori economici potrebbero subire dei contraccolpi negativi.
Non solo. Con una società che invecchia, anche la propensione alla spesa è destinata a diminuire, condizionando, in particolare, il fatturato del mercato immobiliare, dei trasporti, della moda e del settore ricettivo (HoReCa).