L’articolo del Direttore di qualche giorno fa è un sasso gettato nello stagno veronese che invita tutti a riflettere su dove sta andando la nostra cara città. Maurizio Battista mi sprona a condividere una serie di osservazioni un po’ sconclusionate sul tema. Con il mio amico Roberto, tornato recentemente da Istanbul, ragionavo su come le grandi storiche metropoli (Berlino Parigi Roma NY tanto per fare altri nomi oltre alla succitata) siano maggiormente in grado di resistere al turismo di massa. Uno dei motivi è la ‘coscienza della propria storia’ che i cittadini delle metropoli hanno nel proprio DNA. Non tanto e non solo per i monumenti che la testimoniano, quanto probabilmente per mix di memoria, senso di identità, orgoglio di essere una capitale, ecc. Tutto quello che apparteneva un tempo anche alle città ‘provinciali’ che difendevano a denti stretti le proprie tradizioni e culture, col rischio magari di scadere nel localismo conservatore. Sono proprio quelle città, come Verona (e forse anche Firenze, temo), che oggi stanno perdendo la battaglia col turismo ‘mordi e fuggi’. Sembrano più disarmate. Non voglio qui aprire il capitolo soluzioni, che richiederebbe un ampio spazio ad hoc, faccio solo qualche domanda. Non sarebbe meglio ripristinare nelle scuole di ogni ordine e grado, a partire dalle elementari, la ‘Storia Civica delle Città e del proprio Territorio’? Mio nipote che fa la quarta elementare ha in programma la storia dei Vallindi, ma non quella di Verona, tanto per dire… Aggiungo un’altra osservazione: da tempo giacciono polverose nei cassetti delle amministrazioni comunali varie proposte per un Museo della Città. Non c’è una città al mondo che abbia un arco di vita così ampio come Verona (Roma esclusa), non c’è una città al mondo con così tanti visitatori che non abbia un museo dedicato alla propria storia. Vorrei che qualcuno mi smentisse. Il fatto che non sia ancora nato dipende appunto da quanto detto sopra, cioè la perdita progressiva di orgoglio civico che affligge questa città. Ricostruire i valori della comunità attraverso una carrellata dalle origini sul Colle di san Pietro alle scelte strategiche dell’ultimo dopoguerra dove fu disegnata la Verona attuale mi sembrerebbe il modo giusto per guardare al futuro, quello in discussione nel nuovo PAT.



