Vietnam a Cinque Stelle. Autonomia, scontri e trappole dei grillini I grillini vogliono rendere emendabile in parlamento ogni parte del testo: significa infiniti rinvii e imboscate. La gente del Nord è stufa

La montagna ha partorito il topolino. L’autonomia differenziata, al momento, resta solo un grande so­gno per il Nord. Per certi amministratori del Sud, invece, è un incubo che il Movimento 5 Stelle deve scac­ciare il prima possibile. Le questioni da risolvere sono ancora troppe. Non siamo in una situazione di stallo, ma poco ci manca. Il testo sull’autonomia tornerà sul tavolo del governo lunedì. La riunione di mercoledì notte, com’è ormai noto, non è servita a un granché. Al vertice della prossima settimana saranno presenti nuovamente il premier Conte, i vice Salvini e Di Ma­io e quasi tutti gli altri ministri dell’esecutivo. Uno dei principali motivi di scontro tra gli “alleati” è quello che riguarda l’emendabilità del documento. I 5 Stelle, d’accordo col presidente della Repubblica, si battono perché ogni punto della riforma possa essere modificato dalle commissioni di Camera e Senato il che, non è difficile da immaginare, provocherebbe una serie lunghissima di proposte ostruzionistiche di modifica e rinvii. Sarebbe un Vie­t­nam parlamentare. Il tutto con la complicità delle opposizioni, Pd e Forza Italia in testa. In­somma, Di Maio e soci vogliono annacquare il più possibile, se non affossare, la storica riforma che se venisse approvata così com’è stata pensata dai governatori leghisti di Ve­neto e Lombardia, Zaia e Fontana – poi si è aggiunto il Dem Bonaccini in Emilia – farebbe perdere voti ai grillini nelle roccaforti assistenzialistiche del Sud. Il Car­roccio, in­vece, vorrebbe che il testo arrivasse sì in parlamento per una di­scussione generale, al massimo per qualche minimo ag­giustamento, ma che poi il documento non fosse più mo­dificabile. Non è ancora sta­ta risolta nemmeno la partita che ri­guarda i trasferimenti economici dallo Stato alle Regioni. Sulla questione dei “costi storici” c’è un accordo di massima tra Lega e pentastellati: Ro­ma trasferirà ai territori per ogni materia di competenza il 100% di quanto versa oggi: chi risparmierà potrà reinvestire le risorse per implementare i servizi ai cittadini. Soltanto dopo tre anni, e con un’applicazione progressiva, ci sarebbe l’ipotesi dell’entrata in vigore dei “costi standard” caposaldo dei go­vernatori del Nord. L’o­biettivo delle tre Re­gioni, per fare un esempio, è che il prezzo di una siringa sia il medesimo negli ospedali di Verona e Napoli: oggi in certe parti d’Italia, le stesse dove i grillini hanno i propri feudi, per le stesse forniture si spende anche 20 volte in più. La terza fase d’attuazione prevista dall’autonomia è quella della compartecipazione, ossia la trattenuta sul territorio di una parte d’imposte pagate dai cittadini, così da consentire alla Regione di rinvestirle in loco. Zaia scalpita, le sue dichiarazioni tendono all’ottimismo ma nelle stanze della Lega c’è parecchio nervosismo. Salvini non met­terà a rischio la tenuta del governo sull’autonomia: perderebbe trop­po consenso al Sud. Ma la sensazione è che questo po­trebbe essere uno degli ultimi scontri interni tra i fratelli-coltelli che siedono al governo. Fontana, a margine dell’inaugurazione del villaggio Col­diretti di Milano, è stato eloquente: «Vorrei saper qual è il testo che Di Maio intende approvare. Ieri ero più ottimista, dopo aver letto l’intervista al ministro per il Sud Lezzi mi è venuto qualche dubbio. Cre­do che a questo punto la risposta debba essere rapida, perché non siamo stupidi». Già. E non lo sono neppure gli 8 milioni di veneti e lombardi che il 22 ottobre 2017 hanno chiesto legittimamente di potersi aff­rancare, almeno in parte, dalla macchina divora soldi della capitale. Sarebbe un atto di giustizia e democrazia.