Caniggia si rompe, Bologna è fatale E’ gennaio, giornata gelida, partita brutta, zero gol: e poi il ko del “figlio del vento”

Fa freddo, Bologna gela e la partita non ti scalda. Non è un grande Verona, sul filo di una stagione così così. Neanche l’Osvaldo trova mai il bandolo della matassa, la chiave del rebus.Ha due argentini di belle speranze, Troglio e Caniggia. E un tedesco che non smetterà mai di essere una promessa, Thomas Berthold.
Certo, il “figlio del vento” ha numeri da campione, quando parte non lo prendi più. Ma ha vent’anni e poco più e mille cose, troppe, per la testa. Per lui, sono più le voci, dei gol. Lo pescano di qua e di là, la società lo copre finchè può, quando può. Il bello è che, in campo, diventa spesso imprendibile.
Uno di quelli che diventano spesso le vittime dei difensori. Una volta nonc’era il Var, nè troppe moviole. Il difensore entrava e buonasera.
Succede anche a Bologna. Partita da 0-0, nel gelo del Dall’Ara, fine gennaio ‘89. Caniggia va, come sempre. Fino al tackle della sorte, un’entrataccia da dietro, in netto ritardo. Lui resta a terra, urla di dolore. I compagni capiscono che l’infortunio è grave, Caniggia non ha ancora la malizia per fare scena, nè ha voglia di perdere tempo.
Entrano massaggiatori e medico, l’Osvaldo si alza dalla panchina, cerca di capire che cosa è successo. Caniggia resta a terra. Il gesto delmassaggiatore non lascia dubbi. “Cambio, mister”. Entra la barella, lo portano fuori, lui con le mani nei capelli, le solite scene. I compagni e gli avversari che lo consolano, il pubblico che applaude, lui in ambulanza e via verso l’Ospedale.
La diagnosi è chiara: “Frattura del perone”, campionato finito.Caniggia tornerà proprio nel finale, in tempo per partecipare alle ultime battute, ma non per cambiare il senso di una stagione segnata. Resta un’incompiuta, una serie infinita di se e di ma. Non avrà mai il tempo di diventare un idolo come invece gli succederà più tardi, all’Atalanta e pure alla Roma. La sua avventura con l’Hellas finisce in realtà su quella barella. Tra gli applausi e i rimpianti per quello che doveva essere e non sarà mai.