Citadel, un’esperienza adrenalinica La vicenda di due spie ambientata sulle alpi italiane tiene incollati davanti allo schermo

Sbocciano i fiori, si allungano le giornate e pullulano i nuovi contenuti sulle piattaforme: la primavera sta rimpinguando i nostri schermi di intriganti serie tv. In particolare, nel mese di aprile sono uscite due attesissime serie tra loro molto diverse, rivelatesi subito degne di nota. Interessante, poi, che entrambe prendano le mosse da una zona a noi molto cara: le alpi italiane.

CITADEL (Prime Video)

Alpi italiane. Gli agenti sotto copertura – nonché ex coniugi – Nadia (Priyanka Chopra) e Mason (Richard Madden) si trovano a bordo di un treno in corsa per portare a termine una missione contro Manticore, associazione che giostra il mondo nell’ombra. Il nemico, tuttavia, ha il coltello dalla parte del manico: il vagone dei due agenti di Citadel (così si chiama l’agenzia di cui fanno parte i protagonisti) viene fatto saltare in aria.
Otto anni dopo, Mason (ora Kyle) si è ricostruito una vita, totalmente immemore della sua precedente carriera. Proprio quando brevi e confusi flashback minacciano di riportare a galla ricordi ormai sepolti, l’ex-spia e la sua nuova famiglia vengono rapiti da Bernard (Stanley Tucci), coordinatore di Citadel: l’organizzazione ha bisogno della sua vecchia punta di diamante Mason per un’importantissima missione che cambierà il corso della storia.
Azione,colpi di scea, ritmo tumultuoso: in parte, i primi tre episodi (gli altri tre usciranno nelle prossime settimane) formano un avvincente puzzle di format già visti. C’è un’atmosfera stile “Mission Impossibile”, un po’ di “The Bourne Identity”, un riferimento – poco velato – a “Mr. & Mrs. Smith” e “The Tourist”. Tuttavia, ad Amazon Prime va riconosciuto il merito di aver puntato l’astronomica cifra di 250 milioni di dollari sul cavallo vincente: Citadel tiene lo spettatore attaccato allo schermo, stordendolo con effetti speciali strabilianti. Il risultato? Un’esperienza adrenalinica che ricorda le montagne russe.

IL CASO ALEX SCHWAZER (Netflix)

Vipiteno, alpi italiane. Ve la ricordate quella pubblicità delle merendine ambientata in Südtirol? A distanza di tanto tempo, è ancora impossibile dimenticare le parole: “Sono Alex Schwazer, campione olimpico di marcia; quando non mi alleno sono qui, in Alto-Adige, in mezzo alle montagne”. Si fa quasi fatica, ora, guardando i quattro episodi della serie Netflix “il caso Alex Schwazer”, a ricollocare l’atleta alto-atesino in quel locus-amoenus di serenità. Il volto di Schwazer ha perso ogni traccia di freschezza e riflette l’ingombrante peso dello scandalo che l’ha travolto a partire dal 2014, quando in quella fatidica conferenza stampa ha ammesso di aver fatto uso di doping.
La docu-serie firmata Massimo Cappello ripercorre meticolosamente tutti i momenti dello scandalo, scavando nei fatti in maniera originale, senza perdersi in rielaborazioni mielose. Informazione, biografia e crime si intrecciano alla perfezione, dando vita a un prodotto godibile, che a tratti emoziona, a tratti stupisce, e in ogni momento ci ricorda il valore dell’essere umano-funambolo, che percorre a tentoni il labile e pericoloso filo del successo.

Martina Bazzanella