Cologna Veneta. Il Fratta Gorzone chiede ecogiustizia Segnalati anche quest’anno alti livelli di sostanze nocive nell’acqua. I Pfas di ex Miteni

Giunta alla quarta tappa del 2025, la campagna itinerante “Operazione fiumi – Esplorare per custodire”, realizzata da Legambiente Veneto con il supporto tecnico di ARPAV, il contributo di COOP Alleanza 3.0 e BCC Veneta Credito Cooperativo e con il patrocinio delle Autorità Distrettuali di Bacino del fiume Po e delle Alpi Orientali, è approdata a Cologna Veneta sulle sponde del Fratta Gorzone.
Le analisi condotte da Legambiente sul Fratta Gorzone restituiscono un quadro apparentemente sotto controllo della depurazione, con valori di Escherichia Coli inferiori alle 5000 MPN/100ml a valle dello scarico del Consorzio Arica, recapitante i reflui dei cinque depuratori del distretto della concia della valle del Chiampo. Se la carica batterica risulta entro i limiti, altrettanto non è la restante composizione dello scarico, che si presenta di colorazione nera diluita solo dal contributo idraulico del canale L.E.B. che si immette nel Fratta poco distante, ad integrare la portata del fiume troppo esigua per tamponare lo scarico di Arica.
Storicamente il bacino idrografico del sistema Fratta Gorzone possiede uno stato chimico penalizzato dalla presenza diffusa di valori di PFOS lineare superiori ai limiti previsti dalla normativa e da due casi di superamenti della concentrazione massima ammissibile di Aclonifen (pesticida). I superamenti degli Standard di Qualità di PFOS lineare sono connessi al noto fenomeno di inquinamento da sostanze perfluoroalchiliche (PFAS) delle acque superficiali e delle falde acquifere interessanti territori delle province di Vicenza, Verona e Padova e derivante dal sito contaminato ex Miteni SpA. Gli affluenti che danno origine al Fratta Gorzone originano infatti da acque di falda dell’acquifero contaminato da Miteni. Se è pur vero che dal 2013 le concentrazioni di PFAS sono drasticamente diminuite, i valori restano preoccupanti in considerazione del fatto che le acque del fiume vengono utilizzate per scopo irriguo nelle produzioni agricole.
Esiste comunque un problema di fondo di distrofia del fiume con valori chimici dello stato trofico (azoto, fosforo, livelli di ossigenazione, ecc.) che non raggiungono lo stato di qualità buono, previsto dalla Direttiva 2000/60/CE, dell’indice LIMeco.
Le fonti di origine puntuale, come gli scarichi dei depuratori, e quelle diffuse, pesticidi utilizzati in agricoltura e i PFAS in falda, non consentono al fiume Fratta Gorzone di raggiungere neanche la sufficienza dello stato di qualità delle acque in molte stazioni di monitoraggio ARPAV.
“È evidente che c’è ancora molto lavoro da fare per arrivare a condizioni accettabili” – dichiara Giulia Bacchiega, portavoce della campagna “Operazione fiumi” di Legambiente Veneto – “sia dal punto di vista ambientale che della salute umana, in considerazione degli utilizzi delle acque del fiume. Sono anni che Legambiente chiede alle istituzioni di agire, anche alla luce della grave contaminazione da PFAS provocata dall’ex sito produttivo Miteni di Trissino. Per questo oggi, assieme a tante altre associazioni e realtà locali, in nome del popolo inquinato chiediamo giustizia ambientale per un sito e un fiume contaminati e da bonificare subito”.
“Riteniamo che durante il processo che vedrà l’ultima udienza svolgersi il prossimo 26 giugno, sia stato provato senza ombra di dubbio che l’inquinamento da PFAS e da altre sostanze (C604 e GenX) proviene dal sito Miteni e sia imputabile alla gestione, anche recente, dell’impianto industriale” ha commentato l’avvocato Enrico Varali che patrocina le parti civili Legambiente Nazionale, Legambiente Veneto e il circolo Perlablu di Cologna Veneta.