Con loro, dentro un sogno Una formazione imparata a memoria: “Garella, Ferroni, Marangon, Tricella e....” E un allenatore che parlava poco, perchè non ce n’era bisogno: un allenatore papà

Raffaele Tomelleri

I giorni dello scudetto, di una formazione imparata a memoria. Quand’eravamo bambini, a memoria s’imparava l’Inter di “Sarti, Burgnich, Facchetti…”. O il Milan di “Cudicini, Anquilletti, Schnellinger…”. E la Juve di “Zoff, Gentile, Cabrini…”.
Ma venne un giorno che nessuno aveva mai pensato, il giorno di una favola vera, perchè anche nel calcio, almeno una volta, accadevano favole vere. Venne il giorno di “Garella, Ferroni, Marangon…”. E poi, “…Tricella, Fontolan, Briegel”. E ancora, “…Fanna, Sacchetti (o Volpati), Galderisi, Di Gennaro, Elkjaer”.
E non ce n’era per nessuno, perchè quando le grandi incontravano il Verona diventavano piccole. E anche i fuoriclasse che avevano, sì, perchè in quel campionato giocavano Maradona, Platini e Falcao, Rummenigge e Zico, e poi il filosofo Socrates e Boniek. E poi Pablito Rossi e Altobelli, Tardelli e Bruno Conti, Passarella e Cerezo. Beh, quando i fuoriclasse incontravano il gigante Hans Peter e i suoi compagni, diventavano tutti dei Nanu.
E il Nanu vero diventava un gigante. Ah, e poi, in quella squadra c’erano anche il piccolo Bruni e il grande Spuri, Donà e Turchetta, che sapeva palleggiare per ore con un’arancia. E ancora il giovane Marangon e il giovanissimo Terraciano. E un allenatore che parlava poco, ma non ne aveva bisogno. L’Osvaldo. Ancora oggi, quando loro ne parlano, quando lo incontrano e lo salutano, scoprono di avere gli occhi lucidi. Come la gente di Verona.