E Juric guarda anche avanti: “Sì, qui vorrei aprire un ciclo. Per ora non l’abbiamo fatto” SERIE A. La vigilia della sfida di Bergamo

Botta e risposta con Ivan Juric. Alla vigilia della sfida all’Atalanta e al suo “maestro” Gasperini. “Gasperini mi ha insegnato tutto, ha portato l’Atalanta ad una dimensione fantastica.
Dopo la sconfitta col Liverpool ho sentito commenti vergognosi da parte di ex calciatori, invece è andato a Liverpool a vincere due a zero, con lo stesso modulo dell’andata. Ha creato un mostro. A Verona non ci sono le condizioni per pensare di diventare come l’Atalanta, e non possiamo nemmeno pensare di diventare più forti dello scorso anno, ne parlavo anche con Tony: quando trovi giocatori affidabili non è facile sostituirli, non ci sono paragoni, la vedo difficile”.

Il merito più grande di Gasp? E il suo, forse Kumbulla?
“Il merito più grande di Gasp è che non sono mai andati via i giocatori più forti, solo giocatori che potevano essere sostituiti. Con Kumbulla non penso di aver fatto un lavoro spettacolare: gli ho detto cinque cose, abbiamo lavorato bene, ma penso ad esempio di aver fatto meglio con Empereur. Marash è andato da solo”.

Domani ritrova Pessina. Sente di avergli fatto fare quel salto in più, o lo mette al livello di Kumbulla?
“Non mi voglio togliere meriti: ho fatto un bel lavoro, sicuramente il tuo modo di allenare va bene per loro, però sono intellettualmente fortissimi. Basta dire due cose, non devi spendere molto tempo. Specialmente a livello emotivo, gli dici una cosa e loro la fanno. Sono felice per Matteo, mentalmente mi era molto vicino”.
Un ricordo personale su Maradona?
“È stato il mio primo idolo. C’è grande tristezza, è inspiegabile”.
Perché è inspiegabile?
“È inspiegabile il mio sentimento nei suoi confronti, perché piangi. Questo per me è inspiegabile. Non è stato un esempio umano, ma è inspiegabile il mio attaccamento nei suoi confronti, perché ti ha regalato emozioni che nessuno ti ha mai regalato. La notizia ti sconvolge, mi sembrava fosse morto un fratello, o un padre”.

Si è mai chiesto come lo avrebbe allenato?
“Con il tempo comincio ad apprezzare i giocatori tecnici, che cambiano le partite. Poi è normale che sono pochi quelli come Diego: è fuori dal coro, fa cose incredibili. Non ho mai pensato a questa cosa, perché non c’è uno così. Con Gasp guardavamo Messi: Guardiola strutturava tutto in un modo, e poi arrivava palla a Messi. Non c’era anarchia, ma un’organizzazione. Forse per questo faceva meno bene con l’Argentina. O forse perché non è Maradona”.
“Qual è il suo obiettivo a Verona?
“Volevo aprire un progetto e non l’abbiamo aperto. Non è mai tardi, perché io sto da Dio qua, abbiamo migliorato molte cose a livello organizzativo. Se riusciamo a partire allora sarebbe bello stare qui il più a lungo possibile. Vedere Salcedo fare una partita come l’altra sera è una grande gioia per un allenatore, ma mi piacerebbe anche fossero giocatori nostri, non in prestito. Allora parliamo di progetto, altrimenti parliamo di un altro anno in cui dobbiamo salvarci”.