“E’ nato Fausto, sarà Campionissimo” Il 15 settembre 1919, a Castellania, vedeva la luce un bimbo che diventerà un mito

Due atleti che si passano una bottiglietta d’acqua durante una gara ciclistica. Siamo in Francia, nel 1952, e lo scatto che è rimasto nella storia immortala Gino Bartali e Fausto Coppi, eterni rivali che divisero gli appassionati nell’immediato dopoguerra. Alla fine quel giorno vinse Coppi, soprannominato “il Campionissimo” o “l’Airone”.
Nato a Castellania il 15 settembre 1919, il piemontese è ancora oggi considerato uno dei più grandi atleti di tutti i tempi . Vincitore del Giro d’Italia per cinque volte e del Tour de France per due competizioni, è ricordato anche per essersi distinto al Giro di Lombardia per quasi cinque anni di seguito, alla Milano-Sanremo, alla Parigi-Roubaix e alla Freccia Vallone. Fausto Coppi vinse anche il Campionato del mondo del 1953 e il Campionato del mondo d’inseguimento su pista nel 1947 e nel 1949. E in pista conquistò anche il record dell’ora.

Luglio 1937. Il giovane Fausto partecipò alla sua prima competizione: aveva appena 18 anni. La sfortuna lo costrinse a ritirarsi per una foratura. Nel frattempo, lasciato l’impiego di garzone andò a lavorare come macellaio; quando raccolse 600 lire, si regalò una Prina su misura, ed ecco allora che quei raggi cominciarono a girare velocissimi. Nel luglio 1938, la prima vittoria, seguita da molte altre soddisfazioni. È l’anno successivo che entrò a far parte dell’Olimpo dei professionisti, ed è in quell’anno che conobbe il suo grande rivale, Bartali, che gli avrebbe soffiato il primo posto. Il suo nome tuttavia stava acquistando abbastanza fama da guadagnarsi l’attenzione degli esperti del settore; Biagio Cavanna,il mago dei muscoli, il massaggiatore cieco, scrisse una nota a Giovanni Rossignoli della Bianchi: «Ti mando due miei allievi. Coppi vincerà il primo premio, Bergaglio farà quello che potrà. Osserva bene Coppi. Assomiglia a Binda». Mai previsione fu più azzeccata. Coppi vinse la sfida.

Il giovane Fausto non amava molto la scuola

La popolarità di Fausto Coppi è dovuta non solo ai successi in pista: ha rivoluzionato anche l’approccio alle competizioni ciclistiche, scegliendo una dieta specifica, studiando le tecniche della bicicletta e allenandosi con metodi nuovi. Fausto fu il quarto di cinque figli e i genitori erano agricoltori di granturco e vite. Non amava particolarmente la scuola, così iniziò molto presto ad aiutare il padre nei campi, fino a quando venne assunto come garzone in una salumeria a Novi Ligure. Per consegnare la spesa, il ragazzo usava la bicicletta, e si accorse di quanto gli piacesse stare in sella a questo destriero di metallo. Arrivato a 15 anni, ecco che i soldi che si era messo da parte gli permisero di comprare una Maino, e fu proprio grazie a quell’acquisto che iniziò a frequentare la scuola di giovani corridori. Lo aveva previsto, il famoso massaggiatore Biagio Cavanna, che Fausto aveva la stoffa. E così ne diventò il più fedele consigliere e sostenitore.

Coppi, una vita in copertina. Anche per la Dama Bianca

Coppi superstar, non solo su strada. Da ricordare il 7 novembre ’40: sulla pista del velodromo Vigorelli, Coppi coprì 115 giri e 151 metri e stabilì un nuovo record, 45,871 km. La prova venne compiuta in un clima surreale: la città era sotto bombardamenti e per evitare assembramenti in pista gli organizzatori comunicarono un orario falso per l’inizio della prova, tanto che gli spalti dell’impianto rimasero semivuoti. Nonostante il clima di tensione, il giorno successivo Coppi fu celebrato dalla Gazzetta dello Sport come prova della «forza e volontà della razza italiana». Poi la partenza per Tunisi e Biserta, in cui svestì i panni del campione e indossò quelli di caporale del 38º Reggimento di fanteria della Divisione “Ravenna”. Poi la ripresa, nel dopoguerra, quando Coppi divenne anche simbolo di rinascita. E uomo da copertina: i rotocalchi parlavano dello scandalo in cui fu coinvolto quando decise di abbandonare la moglie per l’amante (anch’essa sposata). Tra carcere e dissensi, i due si sposarono in Messico ed ebbero un figlio, secondogenito del campione. Una vita in prima pagina per “L’Airone”, che smise di volare nel 1960. Una malaria mal diagnosticata lo uccise a 41 anni. Erano cinquantamila sul colle di San Biagio, a seguire il funerale di un talento che ha firmato la storia del ciclismo. B.C.

Beatrice Castioni