Edizione straordinaria, “rapito Moro” Il 16 marzo ‘78 le Brigate Rosse sequestrano il presidente della DC: attacco allo Stato

72.460 posti di blocco. 37.702 perquisizioni domiciliari. 6 413 713 persone controllate. 3.383.123 ispezioni di autoveicoli. Quali sono i numeri che rendono un evento “storico”? Senza dubbio il sequestro di Aldo Moro lo è stato. Politico, accademico e giurista, Moro fu sequestrato il 16 marzo 1978 a Roma. Cinquantacinque giorni fatti di indagini a tappeto, dibattiti politici, trattative, lettere.
Il rapimento.16 marzo 1978, giorno della presentazione del nuovo governo. La Fiat 130 che trasporta Moro dalla sua abitazione alla Camera dei deputati viene intercettata da un commando delle Brigate Rosse, all’incrocio tra via Mario Fani e via Stresa. La scorta di Moro viene uccisa e il presidente della Democrazia Cristiana viene rapito. Scattano immediatamente i blocchi stradali, la stampa esce in edizione straordinaria annunciando l’accaduto. Studenti ed operai di tutta Italia scendono in strada per manifestare. Il Governo istituisce un Comitato per la gestione della crisi. Il giorno successivo, le Brigate Rosse danno il via ad una serie di telefonate senza però formulare nessuna richiesta. Lo scambio vorrebbe la liberazione di Renato Curcio e di altri detenuti? «Quanto oggi è avvenuto rappresenta la punta più alta dell’attacco contro lo Stato e le sue istituzioni», commenta il segretario DC Benigno Zaccagnini. «È stata dichiarata guerra allo Stato, ma lo Stato democratico non deve rispondere con la guerra. A una situazione di emergenza non si può rispondere che con leggi d’emergenza», risponde Ugo La Malfa, PRI. Bettino Craxi, PSI, lancia un appello accorato: «Sia sconfitto il terrorismo, altrimenti sarà sconfitto il governo. Tentate l’impossibile per liberare Moro.» Nel frattempo, il Procuratore generale della Repubblica di Roma Giovanni De Matteo ha chiesto strumenti legislativi per le indagini. De Matteo pone l’accento sulla possibilità di dichiarare lo stato di pericolo, così da permettere ai prefetti di arrestare chiunque intralci l’ordine. Oltre a questo, vuole che i volti dei rapitori vengano trasmessi su tutte le emittenti televisive.
18 marzo. Il Governo invita a non abbandonarsi all’indifferenza: chiunque abbia informazioni le deve comunicare, per rispetto della giustizia e della democrazia. Le Brigate lasciano una busta con un loro comunicato e una Polaroid che ritrae Aldo Moro in prigionia.
19 marzo. Il comunicato dei sequestratori annuncia che Aldo Moro sarà sottoposto a un processo da parte di “un tribunale del popolo”. Verso fine marzo un nuovo comunicato dalle Brigate che parla dell’inizio del processo nei confronti di Moro, seguito da un terzo comunicato, una lettera scritta dallo stesso, che chiede al Presidente del consiglio e il Presidente della Repubblica di non ostacolarli per evitare guai peggiori. Difendere i valori dello Stato o salvare una vita? Papa Paolo VI rivolge un appello ai rapitori, per scongiurarli di dare la libertà al prigioniero, così come fanno i famigliari.
Il 10 aprile arriva il quinto comunicato. Seguono altri attentati, e il 16 aprile il comunicato numero 6 dichiara Moro colpevole: deve morire. Il 21 aprile il settimo comunicato, che conferma che Aldo Moro è ancora vivo. Verranno liberati i 13 detenuti che le Brigate Rosse rivendicano?
Ottavo comunicato, nuova richiesta di umanità da parte del Papa, l’appello dell’ONU. Comunicazione numero 9: sentenza eseguita. Il 9 maggio 1978 viene trovato il corpo di Moro in via Caetani nel portabagagli di un Renault 4 rossa.

Beatrice Castioni