Hellas e quella fatica di trovare il gol. Per l’ex Piovanelli i gialloblù possono rimanese fuori dalla lotta per non retrocedere

hellas stadio udali Ph Renzo Udali©

Fiorentino di nascita ma pisano di adozione. Con un rimpianto grande così per Verona. Per quello che poteva essere e che, invece, non certo per colpa sua, non è stato. Si potrebbe sintetizzare così la carriera di Lamberto Piovanelli, ex centravanti di Pisa e Verona. Una carriera sbocciata con un triplo salto mortale dalla Serie D alla A. «Con il Castelfiorentino – ricorda – dopo due ottime stagioni arrivò l’Atalanta». E l’anno dopo ecco subito il Pisa. «Andai in Toscana in cambio di Progna e di un piccolo conguaglio. Il presidente Anconetani aveva pensato a me per sostituire Kieft, passato al Torino». Già Anconetani. Come dimenticare uno dei personaggi più estroversi e iconici del calcio degli anni ’80. «A lui devo tutto» puntualizza Piovanelli, mostrando un tangibile segno di eterna gratitudine. «Pisa sarebbe diventata la parte più bella della mia carriera. In nerazzurro ho partecipato e contribuito a due promozioni in A. Rimango profondamente legato ai colori nerazzurri tanto che ancora oggi a Pisa vivo e sono il primo tifoso». Le cinque stagioni al Pisa gli valsero anche il sogno della prima convocazione in Nazionale. Il destino beffardo, però, lo aspettava giusto dietro l’angolo. «Fui chiamato – racconta – per una gara di qualificazione ai campionati europei che si disputò a Limassol contro Cipro, dove non scesi comunque in campo. Al ritorno, nella partita di campionato contro la Lazio, mi ruppi la tibia. Un infortunio che mi tolse di mezzo per diverse settimane. Quando rientrai la squadra era già retrocessa. Chissà – è il suo rimpianto – forse in Nazionale ci sarei tornato». Nonostante questo tornò a essere quello di prima, tanto da guadagnare la chiamata della Juve. Una parentesi che vuole dimenticare. «Arrivai a Torino per espresso volere di Giovanni Trapattoni. A cambiare le carte in tavola fu Boniperti. Non andavo più bene e dovetti andarmene dopo poco più di un mese». Ci fu il ritorno all’Atalanta e poi Verona. «Come detto quello rimane il mio più grande rimpianto. I tifosi gialloblù credevano molto in me e naturalmente da me si aspettavano molto. Quel Verona, allenato da Edy Reja, era veramente uno squadrone costruito per conquistare la promozione in A con giocatori del calibro di Prytz, Ezio Rossi, Fanna, Gregori e con il povero Celeste Pin, tanto per citarne alcuni. Purtroppo il risultato finale non fu quello sperato. La mia stagione iniziò subito male con due costole rotte alla prima di campionato contro la Reggiana e proseguì peggio con un infortunio al ginocchio. Furono tre stagioni condizionate da vari problemi fisici, intervallate da sei mesi in prestito al Perugia, al termine delle quali decisi di smettere con il calcio. Avevo solo 31 anni ma non aveva più senso continuare a soffrire in quel modo. All’Hellas, credetemi, non hanno mai visto il vero Piovanelli. E questo rimane il più grande rammarico. A Verona rimango però legatissimo. Città e tifosi meravigliosi. Quando posso torno sempre volentieri. Ma veniamo alla sfida di sabato. «A parte la sconfitta di Bologna, il Pisa non ha mai demeritato. Il problema è davanti dove si fa fatica a fare gol. Un po’ come il Verona anche se i gialloblù hanno due punte che mi piacciono molto. Per quello che ho visto è una squadra che può rimanere fuori dalla lotta per non retrocedere. Complimenti ancora una volta a Sogliano. Un direttore sportivo così ce l’hanno in pochi.