I PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA. “Nano maledetto, non sarai eletto!” Così scrisse sulla scheda un anonimo elettore che non voleva Presidente Amintore Fanfani

Nel 1971 Amintore Fanfani, presidente del Senato e in corsa per il Quirinale, affronta nella buvette di Montecitorio uno dei principi del giornalismo italiano, Vittorio Gorresio accusandolo di non dire la verità: “I tuoi articoli li tagliano i tuoi padroni”. Il giornalista della Stampa rispose il giorno dopo con poche righe: “Il linguaggio del senatore Fanfani non si addice a un presidente, anche solo del Senato”. Più caustico un grande elettore, anonimo, che sulla scheda verga un distico divenuto famoso: “Nano maledetto, non sarai mai eletto”. Alla fine Fanfani si ritira e viene eletto Giovanni Leone.

Una poltrona per l’invalido. Nel 1964, durante l’elezione che porterà Giuseppe Saragat al Quirinale, l’onorevole Gennaro Cassiani rimane vittima di un incidente ma chiede di votare ugualmente. Il Presidente Bucciarelli Ducci, al nono scrutinio, consente a Cassiani di entrare in aula “in poltrona da invalido. E poiché non è possibile l’accesso al corridoio del voto – spiega -, l’urna gli sarà recata vicino dal segretario di Presidenza”. L’urna, ironicamente chiamata insalatiera, viene tolta dal suo tavolo e portata a Cassiani che vota tra gli applausi dei colleghi.

I franchi tiratori. All’elezione di Saragat si arriva con grande difficoltà. Il candidato della Dc è Giovanni Leone ma Aldo Moro, presidente del Consiglio, vuole fermare la sua corsa e convoca Carlo Donat-Cattin, leader di Forze Nuove. Gli spiega il suo obiettivo ma lascia all’esponente Dc la scelta dei “mezzi tecnici”. Usciti da palazzo Chigi Donat-Cattin spiega ai suoi colonnelli: “I mezzi tecnici sono solo tre: il pugnale, il veleno e i franchi tiratori”.

L’eleganza di Pertini.
Tra i più amati presidenti della storia repubblicana, Sandro Pertini arriva al Quirinale dopo 16 scrutini, giocandosi l’elezione in prima persona con alcuni stratagemmi da politico navigato. Ma già dai giorni del voto mostra una spiccata attitudine all’immagine, tratto caratteristico del suo settennato: appena compreso che il suo nome è tra i papabili, si presenta in Transatlantico sempre vestito con un completo chiaro per distinguersi dagli altri in grisaglia.

La sveglia all’alba. Considerato il capolavoro politico di Ciriaco De Mita, l’elezione al primo scrutinio di Francesco Cossiga mise alla prova il leader Dc per le abitudini mattiniere dell’ex ministro. “Ho saputo di essere il candidato democristiano al Quirinale due giorni prima della seduta congiunta” racconta lo stesso Cossiga poche settimane dopo il voto. “Mi ha telefonato De Mita, chiedendomi di incontrarsi. Gli ho detto che sarei andato da lui la mattina successiva alle sette e mezzo. De Mita mi ha risposto: ‘Per questa volta, data l’occasione eccezionale, va bene, ma non succeda mai più che tu mi dia appuntamento a queste ore'”.