In Veneto la app “Immuni” e’ rimasta inattiva Il ministro della Salute non era al corrente che di fatto l’applicazione voluta dal suo dicastero non è mai entrata in funzione in una regione di 5 milioni di abitanti, crocevia commerciale e meta turistica tra le più frequentate d’Europa? Anche il senatore veronese D’Arienzo, pur essendo in maggioranza, lo sollecita. Da appurare le responsabilità

Il fatto, anche se pare già passato in cavalleria, è tut­t’altro che trascurabile. “Im­mu­ni”, l’applicazione che do­vrebbe avvertirci tramite il nostro smartphone se siamo entrati in contatto con un pos­­sibile positivo al virus, in Veneto non è mai stata o­perativa. L’app, voluta dal mi­nistero della Salute e col­pevolmente resa disponibile solo poco prima dell’inizio del­l­’estate – dunque quando le nuove positività erano as­sai ridotte e il morbo fiac­cato – ha fatto cilecca. Il motivo, lo ha ammesso la stessa Re­gione, è riassumibile così: le singole Ulss non hanno i codici per effettuare il tracc­iamento dei dati. In so­stan­za, non è stato possibile seguire i movimenti di chi ha scaricato l’applicazione. Tut­ta colpa della Regione? Non possiamo saperlo e nei pros­simi giorni, ci augu­ria­mo, venga fatta chia­rez­za. Ciò che ci risulta strano è che nessuno al ministero del­la Salute si sia accorto che dal Veneto non arrivavano se­gnalazioni. Per­ché delle due l’una: o a Ro­ma hanno rite­nuto che in Veneto il Covid fosse fuggito a gambe levate (magari!) oppure a Ro­ma hanno dormito. C’è poi un’altra questione. Come mai, leg­gendo varie testate on­line, ci imbattiamo in no­tizie degli ultimi mesi che se­gnalano un tot di casi sco­perti in Veneto grazie a Im­muni? Che tipo di dati può aver comunicato il ministero se l’applicazione dalle nostre parti non ha mai funzionato?

L’INTERROGAZIONE
Sono domande che non ci poniamo soltanto noi. Il se­na­tore veronese Vincenzo D’A­rienzo, esponente del Par­tito Democratico, ha sol­lecitato il ministro Roberto Spe­­­­ranza, a dare delle spiegazioni, quantomeno a interessarsi del caso. “Se­condo notizie di stam­­­pa” si legge nel­l’interrogazione par­­­­la­men­tare che porta la firma anche del vicepre­sidente del­la Com­­­­­­missione Sanità, “la app in questione non sa­rebbe sta­ta attivata in Ve­neto, ov­vero non sarebbe pos­sibile in tutta la regione con­di­vi­de­re i dati che ha tracciato via bluetooth di tutti i contatti nelle ultime set­ti­mane. Il fat­to è confermato da un co­mu­nicato stampa della Re­gione del 14 ottobre se­con­do cui ‘entro pochi giorni, al mas­si­mo lunedì 19, i servizi di igiene pubblica dovranno co­municare ai si­stemi in­for­ma­tici dell’ A­zien­da Zero i riferi­menti relativi alle segna­la­zioni di Immuni’. Non può sfug­gire la peri­co­losità di questo ritardo”, ha con­ti­nuato D’Arienzo. Che ha aggiunto: “Chissà per quanti contagiati non è stato pos­sibile effettuare il trac­cia­mento con l’app e preoc­cupa che la stessa situ­a­zione pos­sa essersi veri­fi­cata anche in altre regioni. Per questo”, ha concluso, “chiedo al mi­nistro Speranza una verifica per compren­de­re le ragioni della mancata attivazione di Im­mu­ni, so­stenere ogni azione fun­zionale alla sua attiva­zione e, se necessario, sur­ro­gare la Regione Veneto. E’ inoltre necessario verificare il cor­retto funzionamento do Im­mu­ni su tutto il territorio na­zionale”.

TRA REGIONE E GOVERNO
E’ del tutto evidente che D’Arienzo pun­ta il dito contro il go­vernatore Luca Zaia e i responsabili delle aziende sanitarie. E pe­rò è altrettanto chiaro, in attesa che venga fatta chia­rezza (semmai verrà fatta) che il ministero della Salute è quantomeno correspon­sa­bile del pa­stic­cio. Nel frat­tempo Zaia ha parlato della situazione sa­nitaria: “Anche oggi il bol­lettino ha dati che ci im­pongono un approccio serio, una cinquantina di per­­sone in terapia intensiva non sono poche, non ab­bia­mo ancora emergenza sa­nitaria ospedaliera in Ve­ne­to, ma il tema ci vede coin­­volti quo­tidianamente h24. Daremo comunicazione nei prossimi giorni di alcune scelte che abbiamo fatto, non bisogna abbassare la guardia, stia­mo rifacendo l’inventario del­­le terapie intensive, di tutti i ma­gaz­zini. Abbiamo un’au­to­suffi­cienza di almeno otto mesi, 54 mi­lioni di ma­sche­rine, siamo pron­ti al peg­gio”. Che ci auguriamo non arrivi mai.