L’atto che dà il via allo Stato d’Israele Così si spiega l’inscindibile legame esistente tra quella terra e l’identità del popolo ebraico

La Dichiarazione di indipendenza fu l’atto fondativo dello stato di Israele. Fu letta da David Ben Gurion, presidente del Consiglio di Stato provvisorio, che si era riunito a Tel Aviv il 14 Maggio 1948, dopo che il governo inglese aveva deciso di anticipare la fine del Mandato al 15 Maggio.
La conoscenza dei passaggi fondamentali del Documento consente di cogliere alcuni elementi essenziali che configurano il profilo del popolo ebraico e di intraprendere una corretta analisi sul ruolo che il nuovo stato assunse nel composito contesto della realtà mediorientale. La Dichiarazione esordisce sintetizzando le ragioni storico-culturali che spiegano l’inscindibile legame esistente tra quella terra e l’identità del popolo ebraico: “In ERETZ ISRAEL [Terra d’Israele] è nato il popolo ebraico, qui si è formata la sua identità spirituale, religiosa e politica, qui ha vissuto una vita indipendente, qui ha creato valori culturali con portata nazionale e universale e ha dato al
mondo l’eterno Libro dei Libri.”
Il documento prosegue ricordando che il popolo ebraico, nonostante sia stato costretto ad abbandonare la sua terra e abbia subito numerosi tentativi di dispersione, è sempre rimasto fedele a essa e “non cessò mai di pregare e di sperare nel ritorno alla sua terra e nel ripristino in essa della libertà politica.” Il desiderio del ritorno iniziò a concretizzarsi nel 5657, anno ebraico, ossia nel 1897, con il primo congresso sionista, in cui si proclamò “il diritto del popolo ebraico alla rinascita nazionale del suo paese”. E questo diritto “fu riconosciuto nella dichiarazione Balfour del 2 novembre 1917 e riaffermato col Mandato della Società delle Nazioni che, in particolare, dava sanzione internazionale al legame storico tra il popolo ebraico ed Eretz Israel e al diritto del popolo ebraico di ricostruire il suo focolare nazionale.”
Il recente massacro di milioni di Ebrei, perpetrato con la Shoah, “ha dimostrato concretamente la necessità di risolvere il problema del popolo ebraico privo di patria e di indipendenza, con la rinascita dello Stato ebraico in Eretz Israel che spalancherà le porte della patria a ogni ebreo e conferirà al popolo ebraico la posizione di membro a diritti uguali nella famiglia delle nazioni.”
Dopo avere sottolineato il contributo dato dalla comunità ebraica nella lotta contro il Nazismo, la Dichiarazione richiama la decisione dell’ONU del 29 Novembre 1947 con cui l’Assemblea Generale adottò una risoluzione “che esigeva la fondazione di uno Stato ebraico in Eretz Israel. […] E chiedeva che gli abitanti di Eretz Israel compissero loro stessi i passi necessari da parte loro alla messa in atto della risoluzione.”

Seguono quindi nel proclama di indipendenza due chiare e perentorie affermazioni: la prima dichiarò che il “riconoscimento delle Nazioni Unite del diritto del popolo ebraico a fondare il proprio Stato è irrevocabile” e la seconda precisa che “questo diritto è il diritto naturale del popolo ebraico a essere, come tutti gli altri popoli, indipendente nel proprio Stato sovrano.”
Viene conferito allo stato ebraico il nome di Stato d’Israele ed è assicurata la “completa uguaglianza di diritti sociali e politici a tutti i suoi abitanti senza distinzione di religione, razza o sesso,” nonché la “libertà di religione, di coscienza, di lingua, di istruzione e di cultura”.
Sono poi annunciati gli impegni verso gli altri popoli e le istituzioni internazionali. “Lo Stato d’Israele sarà pronto a collaborare con le agenzie e le rappresentanze delle Nazioni Unite per l’applicazione della risoluzione dell’Assemblea Generale del 29 novembre 1947 e compirà passi per realizzare l’unità economica di tutte le parti di Eretz Israel.” […] “Facciamo appello – nel mezzo dell’attacco che ci viene sferrato contro da mesi – ai cittadini arabi dello Stato di Israele affinché mantengano la pace e partecipino alla costruzione dello Stato sulla base della piena e uguale cittadinanza e della rappresentanza appropriata in tutte le sue istituzioni provvisorie e permanenti.
Tendiamo una mano di pace e di buon vicinato a tutti gli Stati vicini e ai loro popoli, e facciamo loro appello affinché stabiliscano legami di collaborazione e di aiuto reciproco col sovrano popolo ebraico stabilito nella sua terra. Lo Stato d’Israele è pronto a compiere la sua parte in uno sforzo comune per il progresso del Medio Oriente intero.”
A questo punto sorgono inevitabili alcune domande. La politica di Israele, sia interna che estera, si conformò poi agli impegni solennemente assunti nella Dichiarazione? Forse che “la realizzazione dell’antica aspirazione: la redenzione di Israele” fu posta in atto venendo meno ai propositi di pace, di giustizia e di libertà annunciati nell’atto che sancì la fondazione dello stato ebraico e che furono sottoscritti dai membri del Consiglio di Stato provvisorio? Quale fu l’immediata reazione delle due superpotenze che si stavano contendendo il controllo del pianeta?
Il giorno dopo, all’una di notte, il presidente degli
USA Truman riconobbe il nuovo stato ebraico quale autorità de facto in Palestina, mentre il 17 l’Unione Sovietica riconobbe de iure lo Stato di Israele, essendo Stalin convinto che il nuovo stato avrebbe fatto breccia sull’incontrastata egemonia britannica in Medio Oriente. La Lega araba invece dichiarò subito guerra allo Stato di Israele.

Romeo Ferrari, docente di storia e filosofia