L’aveva detto. “Verona capitale della cultura? Progetto inutile, quasi un insulto” Vittorio Sgarbi aveva sconsigliato al futuro sindaco Sboarina di candidare la città al riconoscimento: “Lo è già, senza mettersi in concorrenza con realtà diverse come Catanzaro, Casale Monferrato o Valdobbiadene. Il rischio di farsi sbeffeggiare è troppo alto”. La minoranza attacca l’amministrazione, ma siamo sicuri che avrebbe fatto altrettanto

Non stupisce tanto che Verona sia stata esclusa dalle finaliste che ambiscono al titolo di ca­pitale della cultura 2022. Non stupisce, nell’Italia dei cam­pa­nili, nemmeno che Verona non sia entrata neanche tra le pri­me 10, superata da Ancona, Ba­ri, Cerveteri, L’Aquila, Pieve di Soligo, Procida, Taranto, Tra­pani, Verbania, Volterra. St­upisce semmai (anche se do­vremmo averci fatto l’a­bi­tudine) la fame dei politici no­strani di ambire a titoli fumosi di cui la città non ha bisogno. Di più: per certi versi sono dan­nosi. Che bisogno ha la quarta città turistica d’Italia di attrarre nuovi turisti? Nel mondo pre-Covid non ce n’erano già ab­ba­stanza? Le vie del centro scoppiavano d’estate e d’in­verno. Tra Corso Porta Nuova e Ponte Pietra ormai si parlava solo inglese, russo, tede­sco, giapponese, cinese. L’italiano aveva l’accento romano, pie­montese, siciliano. Ma tant’è: destra, sinistra, centro, i nostri amministratori – pochissime le eccezioni – hanno la frègola di appuntarsi al petto medaglie di latta, soprattutto quando di mez­­zo c’è la cultura, ar­go­men­to di punta in campagna elet­to­rale. Ed è stato proprio in campagna elettorale, nella pri­mavera del 2017, che Vittorio Sgarbi aveva sconsigliato al futuro sindaco Sboarina di candidare Verona a capitale della cultura. Riavvolgiamo il nastro. “Suggerisco di ri­nun­ciare. Il gesto più intelligente che può fare è dire: ‘Noi siamo già Verona’. Sarebbe il se­gna­le di una città forte che non ha certo bisogno di essere ca­pi­tale della cultura. E’ una cosa senza senso, inutile. Un conto è se fosse il ministero che sce­glie Verona, un atto di nomina. Ma Verona può essere capi­tale della cultura senza met­ter­si in competizione con Catanzaro, Casale Monferrato o Valdobbiadene. Candidarsi a capitale della cultura è quasi un insulto: come il ricco che pretende i tram gratis. Si cre­ano contrapposizioni ridi­co­le. E’ folle ad esempio pensare che Venezia perse contro Ma­te­ra. Il rischio di farsi sbeffeg­gia­re è troppo alto, e quel milione di euro che ti arriva se vinci Verona lo può trovare in altro modo”. Per Sboarina, invece, era “una grande chan­ce, un’occasione forse unica e irripetibile”. Inevitabile che la sinistra, alla notizia della so­nora bocciatura di Verona, non abbia perso un secondo per attaccarlo. Per Federico Be­ni­ni (Pd) “quando un’ammi­nistrazione ha come unico sco­po quello di fare lo stadio nuovo e nel mentre è solo occupata a pensare come trovare un posto nelle par­tecipate agli amici di turno, ecco cosa accade”. Michele Bertucco (Verona e Sinistra in Comune): “’L’amministra­zio­ne aveva annunciato in pompa magna la parteci­pa­zione al bando, ma grazie alla loro inca­pacità Verona non c’è pur essendo una città che è l’unica al mondo a essere dan­tesca e scespiriana”. Tomma­so Fer­ra­ri (Traguardi): “Un fallimento annunciato in par­tenza: nel progetto non c’era nessuna spinta innovativa. E’ mancato il coraggio”. Patrizia Bisinella (Fare): “Ennesimo fiasco, uno smacco totale”. Sboarina e l’assessore alla Cultura Briani hanno respinto le accuse al mittente spie­gando che i pro­getti restano comunque validi, che i “22 luoghi da rigenerare si tradur­ranno in una dimen­sio­ne culturale inedita già dal pros­simo anno” Speriamo e fac­cia­mo il tifo. Sfugge però il punto, sia alla maggioranza che all’opposizione: Verona, a questa competizione, non avrebbe dovuto partecipare. Un fuoriclasse, se è tale, non compete per il titolo della parrocchia.