Moro, quando il calcio era più genuino Ora lo vive da spettatore: sono in pensione con mia moglie e il tempo è tutto per noi

“Quella tra Atalanta e Verona doveva essere una partita molto importante per entrambe le squadre. Tutte e due arrivano da un risultato negativo. Il Verona, dopo la vittoria sul Lecce, con la quale aveva fatto un passo in avanti verso la salvezza, ha rovinato tutto con il ko con il Torino. L’inattesa vittoria dello Spezia, poi, ha rimesso tutto in gioco”. Alla fine ha avuto la meglio l’Atalanta.
L’analisi schietta è quella di Adelio Moro, uno dei più talentuosi centrocampisti degli anni ’70 e primi anni ’80, che per una stagione ha vestito la maglia gialloblù. Nativo di Mozzanica, un paesino di poco più di quattromila anime in provincia di Bergamo, ha indossato anche la casacca dell’Atalanta, dove è cresciuto e dove è tornato a chiudere di fatto la sua carriera. “La sconfitta di Salerno – prosegue parlando dei nerazzurri – ha complicato le cose in chiave Europa. Tuttavia la formazione di Gasperini può ancora ambire come minimo al settimo posto, se non anche qualcosa di più. Dipenderà dai risultati delle ultime giornate”. A rendere il finale ancora più thrilling c’è anche il caso Juve. “Un aspetto tipico di noi italiani – commenta – spesso mai capaci di trovare una soluzione nei tempi giusti. Una cosa quasi normale alla quale negli anni ci siamo quasi abituati”.
Inevitabile il salto indietro con la memoria al periodo in gialloblù.
“A Verona – confessa – ho trascorso un anno mezzo con una squadra piena di bravi giocatori come Maddè, Mascetti e Superchi, tanto per citarne alcuni. E poi quel “matto” di Zigoni. Aneddoti? Impossibile raccontarli tutti, ogni giorno con lui succedeva qualcosa. Quello più curioso? Sicuramente l’episodio della pelliccia. Noi già in campo e lui che entra con tutto lo stadio che urla ‘Zigo! Zigo!’. La squadra era appena salita dalla B e in panchina era arrivato Ferruccio Valcareggi. In campionato arrivammo undicesimi, perdendo la finale di Coppa Italia con il Napoli”.
E l’Atalanta? “In nerazzurro sono arrivato a dodici anni. Ho fatto tutta la trafila fino alla prima squadra, conquistando anche la promozione in A”. Poi il passaggio all’Inter dove, purtroppo per Moro, giocava ancora un certo Sandro Mazzola. “Quella era una squadra zeppa di campioni. Nonostante questo sono comunque riuscito a prendermi le mie soddisfazioni”. Nerazzurro e gialloblù hanno caratterizzato la sua carriera ma è forse ad Ascoli che Moro ne ha scritto le pagine più importanti. “Andato via da Verona andai proprio ad Ascoli. In bianconero ho giocato per cinque stagioni. Abbiamo vinto la B e in A abbiamo fatto un grandissimo campionato tanto che quella squadra è ancora ricordata come l’Ascoli dei record”.
Differenze con il calcio di oggi ? “Ai nostri tempi – chiosa – prima che compagni di squadra eravamo amici. Era un calcio più genuino, anche nei rapporti con stampa e tifosi, dove i rapporti umani erano il vero punto di forza”.
Oggi Adelio Moro vive il calcio da spettatore. “Dopo aver smesso, ho allenato alcune squadre e poi per alcuni anni ho fatto l’osservatore dell’Inter. Ho girato tutto il mondo. Adesso, però, siamo in pensione io e mia moglie. Il tempo, adesso, è tutto per noi”.

Enrico Brigi