Nella Lega poco spazio per Vannacci. Zaia e un contatto diretto con Meloni Borchia: «Noi abbiamo liste con molti sindaci amministratori e una classe dirigente»

Il tonfo della Lega targata Vannacci nelle urne della Toscana avrà ripercussioni anche nella lega del Veneto che si prepara a presentare candidati e liste in vista del voto del 23 e 24 novembre. Il generale che vive a Viareggio ed è vicesegretario nazionale ha voluto infarcire le liste di suoi candidati a capolista; alla fine la Lega è crollata dal 21,7 del 2020 quando la Ceccardi era la candidata della coalizione, al 4,38, dietro a Forza Italia di quasi due punti (6,17). Chi nel Veneto ha sempre visto con grande malumore l’allargamento di Vannacci ora rinforza il malumore e teme un crollo verticale anche in regione, soprattutto se il presidente uscente Luca Zaia non sarà della partita e decidesse di fare da spettatore visto che «sono un problema», come ha detto lui. O, ipotesi ancora peggiore per la Lega, decidesse di correre per conto suo. Ma procediamo con ordine. Innanzitutto, la Lega in Veneto, al di là della candidatura di Valdegamberi sul conto del generale, rischia di essere vannaccizzata come in Toscana? Sono in molti a temere un nuovo flop a fronte dell’avanzata di Fratelli d’Italia e dell’emigrazione di molti pezzi grossi del Carroccio verso il partito della premier Meloni. Ma il segretario provinciale Paolo Borchia, eurodeputato molto vicino a Salvini, lascia capire che ci sarà poco spazio per il generale toscano. «Toscana e Veneto sono partite molto distinte, diverse. Noi abbiamo liste con molti sindaci e amministratori, abbiamo una classe dirigente di alto livello, tanti consiglieri regionali uscenti che hanno fatto bene». Come dire: non c’è spazio per ingressi esterni, le file sono serrate, i posti occupati, molti puntano alla rielezione. Certo è che a Verona oltre a Valdegamberi corre seriamente Elisa De Berti, vicepresidente uscente e assessore alle infrastrutture. E la Lega difficilmente farà più di due eletti a Verona. Ma molto dipenderà appunto dal traino del presidente uscente Luca Zaia che ha minacciato battaglia dopo i veti imposti da Fratelli d’Italia che ha detto no a una lista del governatore uscente e no anche al suo nome nel simbolo della Lega. «Se sono un problema vedrò di renderlo reale, il problema. Cercherò di organizzarmi in maniera tale da rappresentare fino in fondo i veneti. Certo, c’è ancora tempo per decidere come e in che modo», ha dichiarato. Molto sibillino: come si organizzerà? Costruendo un movimento di territorio che si rifà alla Lega prima maniera, lasciando a Salvini e Vannacci il partito su scala nazionale? E’ un’ipotesi che circola: Zaia con i colleghi Fedriga del friuli Venezia Giulia e Attilio Fontana della Lombardia potrebbe costruire un movimento su base regionale molto legato a imprese, amministrazioni locali e territorio. Ma l’ipotesi viene liquidata in ambienti Lega come «una fantasia». Dice un leghista della Regione: «Zaia aveva l’occasione tre anni fa di prendere in mano il partito, non ha avuto il coraggio allora, non avrà il coraggio neppure ora».

Zaia e un contatto diretto con Meloni. All’orizzonte forse un posto nel Governo come ministro della sanità al posto di Schillaci?

Ma sarà della partita? Se lo chiede anche il segretario Borchia. «Fino a ieri Zaia era della partita. Poi si vedrà giorno per giorno. Io mi auguro che si candidi». Ma lo farà con la Lega o per conto suo? «Vorrei che ci fosse e se si candiderà lo farà come candidato organico al partito e come uomo squadra». Anche perché il candidato presidente Alberto Stefani, giovane, viene visto come candidato non fortissimo e sicuramente avrà bisogno dei voti e del sostegno di Zaia. Ma perché Zaia dovrebbe garantirlo se tutti hanno remato contro di lui, compreso Salvini che ha accettato i diktat della Meloni per avere salva appunto la presidenza della Regione per un fedelissimo come Stefani? Se davvero Zaia dovesse decidere di regolare i conti e diventare un problema, quale strada sceglierà? Questo è il rebus. «Molti di noi», dice un consigliere regionale uscente, «dubitano da sempre che Zaia si candidi a novembre: cosa si candida a fare? per andare in Consiglio regionale? Certo che se non ci sarà Zaia la Lega farà fatica ad arrivare al 10%». A questo punto il presidente uscente potrebbe anche abbandonare la partita e cercare un contatto diretto con la premier Meloni: la prospettiva di avere un’offerta come assessore esterno nella Giunta Stefani non è sicuramente appetitosa come quella di poter entrare nel Governo Meloni magari come ministro della Sanità al posto di Schillaci che una ne pensa e cento ne fa (ha nominato il nobel Giorgio Parisi in una commissione al posto del medico Italo Parisi…). «Quando uno è bravo e ha qualità -chiosa il segretario Borchia – può fare bene dappertutto». E rileggendo le dichiarazioni di Zaia, anche questo sarebbe un modo per «garantire continuità e tutelare il percorso fatto in tutti questi anni: io sarò dalla parte dei veneti e mi organizzerò per rappresentare fino in fondo i veneti». Si può fare da Venezia, ma anche da Roma. Tra qualche giorno sapremo…