Nessuno prima di lui, Fioravanti d’oro Il 17 settembre del 2000, allenato da Castagnetti, primo italiano sul podio più alto

Il primo campione a vincere un oro olimpico nel nuoto, la racconta normale, come fosse una cosa di tutti i giorni. Come se non fosse un’impresa che cambiò la storia del nuoto italiano e se quella firma, sotto l’impresa, non fosse la sua. Domenico Fioravanti da Novara, prima firmò l’oro sui 100 rana, Olimpiadi di Sydney, poi si rituffò in acqua per i 200. E firmò anche quelli. “Beh, qui devo raccontarvi che cosa successe tra una gara e l’altra…”. Lui dice oggi che si sentiva un po’ scarico, forse (giustamente) appagato. Ma… “…il mio allenatore era Castagnetti, sì, lo stesso che poi fece diventare grande Federica Pellegrini. Lui era un tipo tosto, uno che non voleva sentire la parola “scarico”, nè tantomeno “appagato”…”. Beh, che fece Castagnetti: “Mi disse, Domenico, ora sotto con i 200, vinciamo anche quelli…”. Io lo guardai e provai a dirgli: “Mah, viene quello che viene, abbiamo già preso un oro nei 100…”. Non gliel’avessi mai detto… Mi fulminò con lo sguardo e non solo con quello. Penso mi abbia quasi “attaccato” al muro, urlandomi di tutto… Aveva ragione lui, come sempre. Ritrovai la voglia di provarci, anche perchè, nel frattempo, il mio compagno Rummolo, che poi finì sul podio, mi aveva tolto il record italiano. Lì scattò l’interruttore. E vinsi anche i 200…”
Due volte d’oro. Fioravanti vinse ancora, per qualche anno, ma in agguato c’era un destino maledetto. “Mi fanno una visita, uno dei soliti controlli per gli atleti, mai avuto problemi… Mi dicono che devo farmi vedere da un altro specialista del Coni, io sono tranquillo, mi
sento bene, sarannocosedi routine, penso…”. La diagnosi è tremenda, per un atleta. Per un campione. “Ipertrofia cardiaca, lei non può più gareggiare, rischia di morire”.
Non servono a niente i ricorsi, la lotta dei genitori, la speranza di chi gli è vicino, le nuove accuratissime visite.
Fioravanti è costretto ad uscire dalla vasca. Per sempre. Fine del sogno. Un incubo. “Lì per lì, dico la verità, mi son sentito anche un po’ sollevato. Perchè in quei casi, pensi anche a quello che ti poteva succedere, ai rischi che comunque
avevo corso. Il difficile viene dopo…”.
Un mese dopo. “Quando ti rendi conto, quando realizzi che il nuoto non sarà più la tua vita. Che non potrai più gareggiare, vincere, che lo sport, quello praticato, non è più la tua vita… Lì, è stata dura, molto dura.
Perchè ti rendi conto che finchè ci vivi dentro, sei come in una bolla, dove tutto è perfetto,ma dove non ti praparano al dopo. E io, al dopo, non ero preparato, non potevo esserlo”.
Lì sbatti il muso davanti alla realtà, una quotidianità diversa, che ti devi reinventare. A un futuro che devi ripensare, così, all’improvviso. Domenico ce la fa. “No, non ho voluto far l’allenatore, non mi sentivo portato per questo. Troppe responsabilità, non mi sentivo tagliato per un incarico così importante…”.
Il suo presente “…è un’azienda che fa costumi da nuoto. Sì, son rimasto nel mio mondo, mi trovo bene, oggi il passato è passato, le medaglie sono là, in un cassetto, non vivo di ricordi, guardo avanti”. Con un sorriso dolce e un filo di malinconia…

R.Tom.