Ognuno ha un lato oscuro ma l’altro, quanta luce ha? Come si traduce un caos interiore in una mappa leggibile ?

“Soli e perduti” di Eshkol Nevo (2015, Neri Pozza Editore, Traduzione dall’ebraico di Ofra Bannet e Raffaella Scardi)

Come si traduce un caos interiore in una mappa leggibile? Come si mappano l’amore, la responsabilità, l’istinto, la purezza, la rottura, la riparazione?
Ci sono domande che ci rincorrono per tutta la durata di queste pagine, vite che si intersecano, persone che cercano un modo per combaciare con una certa idea di sé. Tutto inizia con il signor Mendelshtorm che, rimasto vedovo, si scopre privo di appartenenza in un luogo come il New Jersey. Decide allora di finanziare la costruzione di un mikveh, nella Città dei Giusti, in Israele.
Una volta sua moglie gli aveva infatti spiegato: “dopo che prego sciacquami di dosso ogni peccato e colpa, ogni tristezza e dolore e m’immergo, sento che succede davvero. Che l’acqua mi purifica. Ho una vera possibilità di ricominciare daccapo, di essere migliore.” In una irresistibile commedia degli equivoci il mikveh commemorativo si rivela tuttavia miracoloso per ragioni inaspettate.
Un’imprevista tensione erotica si propaga infatti tra le sue acque e contagia chiunque vi si immerga. Ecco che un coro di personaggi terribilmente veri, umani e imperfetti ci mostra il primato del desiderio e dell’amore in ogni circostanza della vita, ma tratteggia anche una storia universale di bisogno di appartenenza e
solitudine.
Perché forse a venti, trenta, quarant’anni e una sigaretta non si può – ma si dovrebbe sapere – che ognuno ha il suo lato oscuro, e che quel che veramente conta è quanto è illuminato il lato illuminato.

Giulia Tomelleri