Rotta e Businarolo ancora “in corsa” La decisione, prevista per domani, è in realtà slittata a lunedì: due veronesi in lizza

Dei tanti fronti aperti è la lotta al Covid in cima all’agenda del premier. Accelerare la campagna vaccinale risulta una priorità condivisa ma quanto ai modi si discute sia in chiave domestica che sul piano internazionale. Al debutto ufficiale in veste di nuovo presidente del Consiglio italiano, al summit in videoconferenza del G7 Mario Draghi si presenterà convinto che sia necessario un cambio di passo. E da questo punto di vista il confronto con gli altri Paesi, Gran Bretagna in testa, è fondamentale. È il modello a cui guarda il premier e cui fa riferimento quando ha invitato ad «imparare dai Paesi che si sono mossi più rapidamente di noi, disponendo subito di quantità di vaccini adeguate».
Del resto, secondo Draghi, la rapidità nella diffusione dei vaccini è essenziale anche per scongiurare che le varianti prendano il sopravvento. Un tema che Draghi potrebbe affrontare anche con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen a Bruxelles, dove si sta lavorando ad un possibile incontro già la settimana prossima.
La previsione di avere le caselle dei sottosegretari pronte entro il fine settimana è ormai sfumata. I partiti sono ancora alle prese con le grane interne per cui la deadline passa a lunedì (per quanto non si escludano ulteriori slittamenti). “Siamo bloccati alla fase uno, quella di risoluzione dei problemi interni. E a meno di un’accelerazione imprevista, servirà ancora qualche giorno per passare alla fase due, quella del confronto con Draghi», si spiega dalla maggioranza. Il premier, viene raccontato, ha lasciato ai partiti le indicazioni per la squadra del “sottogoverno” ma comunque dirà la sua in merito alle proposte. E il vaglio, dicono fonti della maggioranza, sarebbe incardinato su due criteri: la continuità e la non divisività. Con una novità di non poco conto: le grane interne al M5S “assottiglierebbe” la quota grillina di sottogoverno, portandola da 13 a 11. Il che farebbe salire a 8 i sottosegretari di Pd e Lega, lasciando invariate le altre quote: 7 a Fi e uno a testa tra i ’piccoli’ ovvero Leu, Maie, Più Europa, centristi, Autonomie. Forse per Iv potrebbero esserci 2 posti.Sempre per ridurre i conflitti, l’orientamento che trapela da chi lavora al fianco del premier sarebbe quello di ridurre al massimo le figure tecniche, al massimo due o tre, e magari anche eliminare i viceministri: tutti sottosegretari, pari grado. Ma l’incastro di “quote” e deleghe è complicato: qualche nervosismo crea l’ipotesi di assegnare le telecomunicazioni al ministero di Colao e non a quello di Giorgetti.
Quanto ai numeri, il M5S rivendica 14 sottosegretari, ma bisognerebbe sottrarne almeno 2, dopo la scissione, secondo il centrodestra: Vito Crimi si tira fuori ma si citano Giancarlo Cancelleri (Mit), Stefano Buffagni, (Transizione ecologica), Laura Castelli (Mef), Barbara Floridia, senatrice siciliana, Carlo Sibilia (Interni). In corsa anche la veronese Francesca Businarolo. Alla Lega ne andrebbero otto o nove, con occhi puntati sul Viminale dove potrebbero andare Nicola Molteni o Stefano Candiani e su nomi come Claudio Durigon o Massimiliano Romeo (potrebbe lasciare il gruppo al Senato a Gianmarco Centinaio).
Al Pd sei o sette, con il nodo della “quota” donne (si citano Anna Ascani, Marina Sereni, Cecilia D’Elia, mapotrebbe entrare anche la veronese Alessia Rotta) gli uomini potrebbero essere due (si fanno i nomi di Matteo Mauri all’Interno e Antonio Misiani all’Economia). A Fi sei, con in pole senatori come Gilberto Pichetto Fratin all’Economia o Lucio Malan alla Giustizia. Iv ne rivendica due, per Leu potrebbe esserci la conferma di Maria Cecilia Guerra all’Economia.