“Sì, quella volta ho… rubato. La tentazione era fortissima ho preso i guanti di Tacconi”

Metti un ragazzino di belle speranze, Lorenzo Squizzi. Giovanili della Juve, un futuro ancora tutto da scrivere, in mezzo a mille speranze. Metti un portiere già “mitico”, come Stefano Tacconi.
“Lui era titolare della grande Juve, io un ragazzino della Primavera. Ci si allenava spesso assieme, poi tutto il materiale finiva in lavanderia e noi si passava poi a prenderlo”.
Il giovane Squizzi passa a ritirare i suoi guanti. Stanno asciugando vicino a quelli di Tacconi. Squizzi non resiste: “Ne ho presi quattro, invece di due. I suoi e i miei. E poi, via senza fermarmi a chiacchierare con la signora della lavanderia. Di solito lo facevo, “chissà, si sarà detta, come mai non si ferma?”. Vedrai che mi pescano, pensai… Invece no…”.
Storie di un altro calcio, quello che Squizzi ha frequentato sempre con serietà e umiltà. Se è vero che i portieri devono essere un po’ matti, lui sembra la classica eccezione: “Beh, un po’matti lo siamo per forza. Matti e diversi dagli altri. In fondo, dico sempre, noi mettiamo la testa dove gli altri mettono i piedi. Matti e anche un
po’ soli, perchè noi giochiamo comunque una partita diversa”.
Ricorda gli inizi, “…perchè ci sono esperienze che ti servono per crescere anche se sono negative. Giocavo a Salerno, sbagliai un intervento che pareva facile, Stellone fece gol. Finii in croce, per
un po’, quasi, non potevo uscire di casa. Sono momenti in cui ti metti in discussione, magari dubiti pure sul tuo futuro. Invece è da lì che devi ripartire. Si matura attraverso gli errori”.
Si matura anche quando stai in panchina e tocca agli altri. “Ho fatto spesso il dodicesimo, ma è stata quasi, una scelta di vita. Il calcio poi è così, ti attacca un’etichetta e non te la stacca più. Io ero
diventato quello affidabile, perfetto per fare il dodicesimo, anche perchè sapevo stare al mio posto. Non è facile, accettare l’idea, tutti
vorrebbero giocare. Anche quella è stata una prova importante. Lavorare, allenarti come gli altri, sapendo che spesso non avresti poi giocato”.
Questione di serietà. Di intelligenza. La stessa che lo accompagna nel lavoro di oggi. Allena i portieri del Chievo, la società dove ha chiuso, non solo come dodicesimo. Qui ha vinto un campionato da titolare. E Verona è diventata la sua città, il posto migliore dove vivere.
Forse perchè, un po’, gli assomiglia. Discreta, capace di stare anche un passo indietro, piuttosto che due in avanti. Lui parla con i fatti. Ha allenato Bizzarri e Sorrentino. Oggi fa crescere Semper. Non stupitevi se finirà in serie A…

R.Tom.