“Stare lontane non può fare male” – L’intervista a Valentina Montresor “Non può fare male” è il singolo musicale d’esordio della cantante veronese

“Per essere felici bisogna cambiare e fare la differenza” è un verso della canzone colmo di limpida verità. È un verso che contiene un insegnamento sperimentato in prima persona. L’insegnamento di chi ha lavorato su se stesso, arrivando a conoscersi, a sentirsi consapevole, a mettersi in comunicazione con la propria essenza. Non è un percorso esente da ostacoli o dubbi, e richiede coraggio. “Per essere felici, a volte, è necessario essere audaci, a costo di fare scelte impopolari. Solo così si può fare la differenza per se stessi. Questa è la chiave. L’ho capito quando ho sentito di non avere paura di cambiare per essere felice” precisa Valentina Montresor, promettente cantautrice che ha esordito da poco con il singolo “Non può fare male” disponibile su tutte le piattaforme digitali. Un titolo che avvince, un testo che evoca sensibilità e introspezione. Un arrangiamento intimo che permette di sintonizzarsi subito con lo stato d’animo da cui è scaturito questo brano così profondo.
Si tratta del primo brano prodotto da Maieutica Dischi, etichetta discografica che si propone di produrre e sostenere musica al femminile, fondata da Veronica Marchi, coautrice del brano, cantautrice, polistrumentista, vocal coach e produttrice veronese.

Valentina, come ti sei avvicinata alla musica?
La musica è sempre stata presente nella mia vita, a partire dall’infanzia. A casa se ne ascoltava molta, soprattutto grazie a mio papà e ai suoi vinili, che spaziavano su vari generi musicali. Ho sempre avuto il pallino del canto, sin da piccola, ma, fino ai miei 15 anni, non mi sono mai dedicata allo studio di canto in una scuola. E così non avevo mai ricevuto dei feedback.
Quando mi sono iscritta ad una scuola di canto ho avuto la certezza che fosse la strada giusta. Non avevo mai trovato qualcosa che mi appassionasse così tanto, e con i primi saggi sono arrivate le prime soddisfazioni.

Ci racconti la genesi di questo brano?
Si tratta di un progetto che è nato con casualità e naturalezza. Circa due anni fa ho dedicato una lettera, in occasione del suo compleanno, a mia sorella che si trovava a New York per lavoro.
Veronica Marchi, che era stata mia insegnante di canto, lesse quella lettera, mi chiamò e mi disse che voleva farne un pezzo. Abbiamo “funzionato” da subito, e si è rinforzata la volontà di fare qualcosa assieme. Abbiamo iniziato a mettere assieme dei pezzi, ad incastrarli. Io ero abbastanza occupata con i miei studi in psicologia a Padova, ma continuavamo a sentirci, in un botta e risposta, e così la melodia ha preso forma. Assieme abbiamo scelto anche il tipo di suggestione che volevamo improntare a questa canzone, una sorta di flusso di pensieri, che rispecchiasse totalmente lo stato d’animo malinconico di quando avevo scritto quella lettera. Sono abbastanza disincantata e non mi sarei messa a servizio di un progetto che non condividesse la mia stessa sensibilità. Questa occasione inattesa è stata un’opportunità importante.

Nel testo canti “Stare lontane non può fare male”: cosa significa una canzone che, come questa, parla di distanze fisiche, ma non emotive, in questo momento storico?
Il tema della lontananza, forte nella canzone, interpreta una sensazione condivisa da molti, in questo tempo che ci impone una “prova di distanza”. Questa può sembrare un limite, e lo è sotto certi punti di vista, perché il calore di un abbraccio è fondamentale. L’amore e i rapporti significativi, però, non si spengono. Quando un legame è in grado di superare queste distanze fisiche, allora sì, si può dire che sia stabile. Questo è quello che cerco di esprimere nella canzone rivolgendomi a mia sorella. Con lei si tratta di un rapporto eterno e questo non dipende unicamente dal fatto che siamo sorelle. Perché anche nei legami familiari, il rapporto va costruito, va alimentato, anche se oltreoceano, solamente così si può trasformare in un legame maturo.

Qual è il tuo “sogno importante in valigia” per il futuro?
Il mio sogno è fare qualcosa che mi faccia sentire viva. Non sono mai state troppo importanti le tempistiche, per me, perché prima di compiere una scelta, ho sempre avuto bisogno di focalizzare cosa mi potesse rendere felice, ascoltandomi e comprendendomi, per poi lanciarmi. Sono contenta del percorso universitario in psicologia che ho intrapreso, perché mi permetterà di essere un punto di riferimento e un aiuto per qualcuno. Sono anche convinta di voler continuare a dare libero sfogo alla mia sensibilità attraverso la musica. Insomma… il sogno è continuare a fare ciò che mi “accende”.

Stefania Tessari