Una donna promettente, il voto è 9 Il debutto di Emerald Fennell come regista merita attenzione. Brava Cassandra Thomas

Emerald Fennell è innanzitutto e soprattutto una donna promettente. Figura tra le più poliedriche del mondo dello spettacolo, nelle vesti di attrice, sceneggiatrice, produttrice e scrittrice, ha sfoggiato una genialità talmente eclatante da far predire ai cacciatori di talenti una lunga e scintillante carriera. Una donna promettente era anche Cassandra Thomas, protagonista dell’omonimo film, scritto e diretto proprio dalla Fennell, che con la sua opera ci regala uno degli esordi registici più illuminanti degli ultimi tempi.
Intelligente, bella, tra le migliori del corso di medicina, il percorso di Cassie sembrava già scritto: in poco tempo la brillante giovane si sarebbe trasformata in donna di successo. Ma quando la sua migliore amica è vittima di uno stupro di gruppo, Cassie molla l’università per starle a fianco, finché la ragazza non deciderà di togliersi la vita. Rabbia e rancore crescono nella mente e nel cuore di Cassie, che proietta il trauma vissuto dall’amica su sé stessa e se ne vendica trasformandosi in una cacciatrice di uomini: fingendo di essere troppo ubriaca per stare in piedi, ogni sera si fa abbordare da uno di quei gentiluomini senza scrupoli e, arrivati sul più bello, gli impartisce una lezione con metodi a dir poco singolari.
A metà tra la dark comedy, il dramma e il thriller, Una donna promettente è il racconto di una vendetta, narrata in cinque atti e ambientata in un mondo nel quale i zuccherosi colori pastello della scenografia nascondono una realtà malvagia: nulla è come sembra, nessuno è come pare essere e ogni gesto è intriso di omertà e vigliaccheria. Tutti sanno, qualcuno conosce i dettagli più scabrosi del fatto, nessuno parla. La ricostruzione dei fatti e la punizione dei colpevoli sono dunque atti di giustizia da onorare, e sarà proprio Cassie ad assumersene peso e responsabilità, con tutto ciò che essi comportano.
Nei suoi panni una Carey Mulligan dai mille travestimenti, che con un’espressività trattenuta e uno sguardo insieme luciferino e malinconico ci offre la più bella interpretazione della sua carriera. Sulla reticenza lavora poi l’intera sceneggiatura, che al didascalismo tipico dei revenge movie preferisce gli sguardi e la fisicità. Una fisicità abusata, quella delle donne, qui costantemente minacciate da un corpo – maschile – che sguazzando nella mentalità medievale del sesso dominante si camuffa dietro il cliché del bravo ragazzo mentre allunga le mani senza il consenso altrui.
Dotato della profondità di visione necessaria per andare ben oltre i particolarismi storici dell’epoca #MeToo, il film riesce a giocare con toni nerissimi senza mai cadere nel ricattatorio, offrendo agli spettatori un insegnamento universale, agli addetti ai lavori una lezione di cinema, alla società un monito, anticamente pronunciato dal regista Marco Ferreri e oggi più che mai valido: «Il futuro è donna!». Una grande verità con la quale, prima o poi, bisognerà fare i conti.

Maria Letizia Cilea