Viaggio alla ricerca delle proprie radici. “Eneide generazioni’’ in scena al Ristori domenica 19 marzo alle 17 Il cammino di Enea verso l’altrove per ritrovare la propria identità. Metafora di vita

Il viaggio di Enea, ovvero il viaggio di ogni uomo: un cammino fisico verso l’altrove alla ricerca delle proprie radici, tra memoria e un nuovo destino. Ma, anche, un percorso intimo per ricomporre la propria identità. Due dimensioni, l’una personale, l’altra comunitaria, entrambe metafora della storia dell’umanità, immutabile nei secoli.
Domenica 19 marzo alle ore 17, in scena l’ultimo appuntamento della Rassegna per Famiglie del Teatro Ristori di Verona. In programma, lo spettacolo “ENEIDE, generazioni”, ispirato al capolavoro virgiliano e pensato per studenti delle scuole secondarie di secondo grado e per un pubblico giovane e adulto. Una produzione dell’Associazione Culturale Mitmacher, del Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa e del MAT – Movimenti Artistici Trasversali, per la drammaturgia di Giovanna Scardoni che recita insieme al regista Stefano Scherini e all’attore veronese Nicola Ciaffoni. Con le musiche di Zeno Baldi e le scenografie di Gregorio Zurla. Al centro di tutto l’impianto teatrale la figura di Enea nella sua dimensione precaria di profugus, perennemente in cammino. Il viaggio dell’eroe-uomo Enea diventa, così, invito a rileggere l’opera virgiliana alla luce della contemporaneità: attraverso il dramma di quanti cercano altrove un destino diverso, ma anche attraverso l’evolversi di un cammino personale. Il mito dell’eroe in fuga e obbediente al fato diventa simbolo della vita di ciascuno, tra doveri, sconfitte e nuove speranze.
ENEA, METAFORA DELL’UOMO CONTEMPORANEO – Duemila anni fa l’imperatore romano Augusto sentì la necessità di far coincidere l’origine leggendaria di Roma con l’origine della sua famiglia, come a voler rintracciare la propria identità in quella della Città Eterna, mitologica culla della nuova stirpe troiana. Duemila anni dopo, questo spettacolo, seguendo le tracce di Enea, invita a consultare la nostra personale Sibilla, a scendere nei nostri inferi, a dare un nome alle nostre tragedie, a compiere un viaggio per poter rintracciare le origini della nostra identità e collocarla all’interno di una comunità più ampia.
Sia pure eroe predestinato, Enea è un uomo comune, sconfitto, sfortunato, pieno di dubbi e incertezze: le numerose perdite e tragedie che vive durante il viaggio contribuiscono alla sua presa di coscienza e, di conseguenza, per i lettori contemporanei di Virgilio, alla consapevolezza che il popolo di Roma ha di sé. La discesa agli inferi di Enea diventa, in scena, la chiave di lettura dell’intero poema: significa avventurarsi nella parte più profonda e oscura di noi stessi, quella in cui sono contenuti i desideri, le ombre ma anche le possibilità più estreme. «L’Eneide è il primo romanzo moderno in cui l’essere umano è al centro con tutte le sue contraddizioni, i suoi smarrimenti e le sue possibilità – il commento del regista, Stefano Scherini –. Enea è “pio padre”, è “pontifex” ma non esita, giunto nel Lazio, a conquistare la terra dei Fati col sangue e con la violenza, quasi in una sfida “machista” col suo nemico-omologo Turno. È amorevole col figlio Ascanio, è sempre rispettoso del padre Anchise ma potrebbe giustamente apparirci spietato nei confronti di Didone. La straordinarietà del capolavoro di Virgilio risiede proprio in questa sua contraddittorietà, che è figlia della genesi del testo. Scritto su commissione di Ottaviano Augusto per la necessità di donare a Roma e ai suoi imperatori un’origine divina o comunque nobile, la figura di Enea si staglia, certamente come eroe, ma è anche pienamente uomo in tutta la sua complessità».