Ore 14.17, la tragedia di Ayrton Senna muore a Imola, dopo uno schianto tremendo a 200 all’ora: soccorsi inutili

E’ la domenica primo maggio del 1994 e sono le ore 14.17: il mondo dell’automobilismo e dello sport sta per cambiare per sempre. La Williams di Ayrton Senna colpisce il muro di cemento all’esterno della curva del Tamburello con un angolo di impatto di circa 22 gradi e una velocità compresa tra i 213 (stima dei periti dell’accusa al processo) ed i 186 km/h (ipotizzati dalla Sagis, ente che gestisce l’autodromo di Imola). Nel violento urto il lato destro della vettura è devastato, le due ruote, i triangoli delle sospensioni e le ali volano in aria mentre la vettura rimbalza verso la pista, esaurisce la sua energia strisciando e impuntandosi nella fascia d’erba fino a fermarsi, a pochi metri dall’asfalto.

IMMAGINI DRAMMATICHE. L’elicottero riprende impietoso, sotto il sole battente il casco giallo è reclinato a destra, immobile. Poi, per due volte, si muove, come per raddrizzarsi. E’ un lampo di speranza per tutti, ma dura pochissimo per i primi uomini del servizio di soccorso che raggiungono di corsa la monoposto. Il pilota non è cosciente, anzi, il casco è letteralmente pieno di sangue. Senna viene estratto dall’auto e disteso sul cemento a fianco, il suo cuore batte ancora e i medici operano velocemente una tracheotomia per liberare le vie respiratorie, sotto di lui si espande una macchia rossa inequivocabile.

LA SPERANZA. L’elicottero del servizio medico di emergenza atterra in pista sul rettilineo dopo il tamburello, per accelerare il trasferimento all’ospedale di Bologna. Il mondo spera. Ayrton va ripetutamente in arresto cardiaco, i medici riescono a mantenere in attività il cuore fino al ricovero, ma è tutto completamente inutile. Il primo bollettino diramato dall’ospedale è inappellabile, l’encefalogramma del pilota è completamente piatto, solo le macchine tengono il suo cuore in attività. Alle ore 18:40 Ayrton Senna viene ufficialmente dichiarato morto.

LE CAUSE. L’autopsia chiarisce la dinamica dei fatti. A causare la morte sono state le gravissime ferite riportate alla testa, originatema da una circostanza incredibilmente sfortunata: nell’urto un oggetto acuminato, probabilmente un pezzo della sospensione anteriore destra rimasto attaccato alla ruota, è stato scaraventato violentemente verso l’abitacolo perforando la parte superiore della visiera del casco e il cranio del pilota, come una lunga e letale lama. Il contraccolpo ha inoltre causato estese fratture alla base cranica. Il danno è stato tale da arrestare sul colpo ogni funzione cerebrale provocando inoltre una estesissima emorragia; l’ora della morte cerebrale è stata ufficialmente fissata alle 14.17 cioè il momento dell’impatto.
Il telaio in carbonio ha protetto molto bene il corpo del pilota, che non ha riportato lesioni degne di nota, quindi pochi centimetri di diversità nella direzione di rimbalzo di una ruota avrebbero potuto cambiare il destino di Ayrton e farlo uscire sostanzialmente incolume dal pauroso incidente. Ma così non è stato. La F1 perde uno dei suoi campioni più amati. Un dolore che resta.