Stadio sì, Arena no? Due pesi e due misure. Il governo “apre” al pubblico sugli spalti degli impianti sportivi Il virologo Fabrizio Pregliasco si dice possibilista sull’ipotesi di avere da metà luglio una parte di tifosi in tribuna. Verona spinge per ottenere fino a 3 mila spettatori nell’anfiteatro, ma Palazzo Chigi frena. I lettori della Cronaca: “Sarebbe una vera ingiustizia”

Foto di Renzo Udali

Gentile redazione, ho letto che il virologo Fa­brizio Pregliasco, uno dei più noti in televisione da quando è scoppiata l’e­pi­de­mia, ha detto che a lu­glio forse potranno es­ser­ci un po’ di spettatori in tribuna durante le partite di calcio. Non sono certo un’appassionata ma la re­puto una buona notizia perché significa che il vi­rus sta sparendo. Mi chie­do però: perché allo sta­dio sì e in Arena no? Anna Marconi.

Gentile Anna: concordiamo. Inoltre, essendo noi grandi appassionati della pedata, non possiamo nascondere la gioia per quella che, ve­nisse confermata, sarebbe una notizia straordinaria. Lei ci ha preceduto: lo am­mettiamo. Che l’argomento “Calcio sì e Arena no?” sa­rebbe stato l’“apertura” del giornale odierno, come si dice in gergo, lo avevamo deciso ieri sera leggendo le di­chiarazioni di Fabrizio Pre­­­­­gliasco, docente di Igie­ne e medicina preventiva al­l’Università Statale di Mi­lano, direttore sanitario del­l’Istituto Galeazzi, ma so­prat­tutto uno degli esperti più ascoltati da Palazzo Chigi. “Da metà luglio forse sarà pos­sibile una piccola fet­ta di spettatori negli stadi. Certo” ha precisato Pre­glia­sco “allo stadio non c’è gen­te che ascolta musica in re­ligioso silenzio”. E’ vero, ma anche nei teatri – quelli all’aperto dal 15 giugno po­tranno accogliere fino a 1.000 persone – si può tossire, starnutire, e comun­que qualche indisciplinato lo si trova sempre. Il sindaco Sboarina, assieme al so­vrintendente della Fonda­zio­ne Arena Gasdia e ai parlamentari veronesi, sta chiedendo al governo una deroga per portare a 3 mila il limite massimo degli spet­tatori che quest’estate po­tranno assistere all’anfitea­tro ad alcuni eventi speciali organizzati per tentare di tappare almeno in parte l’enorme danno economico e di immagine provocato dal­lo stop al Festival lirico. La Cronaca di Verona, nel suo piccolo, appoggia in pieno questa battaglia, an­che se ovviamente tutto d­i­penderà dall’andamento del­­­l’epidemia. I dati, oggi, sono più che confortanti. I contagi sono sempre meno e, di fatto, se non vi fosse la Lombardia a pesare sul bol­lettino, sarebbero presso­ché azzerati. Allo stato at­tuale dunque non si capisce perché la proposta non do­vrebbe essere accettata, pur con riserva. Si consenta alla Fondazione di mettere sul mercato 3 mila biglietti a serata e sarà l’ente, in caso di mancata deroga, a ri­fondere la spesa agli spet­tatori. In ogni caso Preglia­sco non è stato l’unico vi­rologo ad aprire alla pos­sibilità di una Serie A a porte semi-aperte, o semi-chiuse, a seconda dei punti di vista. Giulio Tarro, per una vita primario dell’ospedale Cotu­gno di Napoli, decisivo nella lot­ta al colera nel ’73 e al ‘male oscuro’ nel ’79, è stato chiaro: “Rispettando le di­stanze di sicurezza e indos­sando le mascherine pot­rem­mo tornare fin da ora allo stadio, ovviamente a patto di non abbracciarci. Allo stadio sì e in 3 mila all’Arena no? Sarebbe un controsenso . Di più: una mancanza totale di visione. E però, di questi tempi, c’è da aspettarsi di tutto.

A.G.